Regia di Arthur Penn vedi scheda film
Un detective privato viene assunto da un’ex attricetta in disarmo per ritrovare la figlia scomparsa: siamo quindi già in clima simil-marlowiano (e in quello stesso periodo la Griffith fa la ninfetta in un altro prodotto del genere, Detective Harper: acqua alla gola). La ragazza viene ritrovata in circa mezz’ora, dopo di che comincia tutta un’altra storia, fatta di traffici loschi e tradimenti e condita dalla consueta scia di cadaveri. Nel frattempo il detective ha scoperto che la moglie ha un amante (accidenti, avevo dimenticato com’erano gli occhi di Susan Clark), cosicché si sviluppa una vicenda privata in controcanto a quella gialla e forse anche più interessante. Hackman cerca di ricomporre i frammenti di una realtà refrattaria a farsi organizzare in un ordine razionale: il tentativo è frustrato perché il suo personaggio appartiene a un altro mondo, a un altro cinema; non a caso a un certo punto, con un’abdicazione simbolica, vorrebbe lasciare il lavoro. Un film molto anni ’70 (e per me, sia chiaro, è un complimento) per le atmosfere sospese e per le figure di perdenti.
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