In un piccolo ristorante di New York, un gruppo di vecchi artisti del varietà ricorda i tanti episodi delle rispettive carriere, più favoleggiate che autentiche, nonché i vari tipi e "numeri" di successo. Ma tutti poi tacciono, quando uno del gruppo prende a raccontare la curiosa vita e le gesta di Danny Rose, un modesto impresario del loro ambiente, collezionista più di fallimenti che di successi e, tuttavia, tenacissimo nel piazzare i suoi assistiti e con loro sempre cordiale ed amico.
"Grazie a Dio, sono ateo."
Tredicesimo film per il regista americano re della commedia e terza collaborazione con la (ormai ex) moglie Mia Farrow, diva di "Rosemary's Baby" e "Il Grande Gatsby", "Broadway Danny Rose" viene considerato da molti come una delle opere minori di Woody Allen. Io non ne sono per niente d'accordo, anzi. "Broadway Danny Rose" è la perfetta unione della commedia al dramma, ennesima prova di un evoluzione Alleniana sempre più grande.
Danny Rose (Woody Allen) è un personaggio a cui vi affezionerete facilmente per la sua triste ma folle storia da "talento incompreso". Nella sua avventura in compagnia di Tina (Mia Farrow) non mancano i riferimenti sessuali e i rapporti umani conditi con una lieve critica alla società americana.
Essendo per me le opere di Woody Allen lo specchio della sua stessa vita quotidiana, non credo che la relazione con Mia Farrow abbia portato molti benefici per il comico, a giudicare dalle pellicole uscite tra gli anni '80 e '90.
Ancora una volta, Allen lascia a bocca aperta lo spettatore con un bianco e nero Bergmaniano, una fotografia che rappresenta il cinema allo stato puro.
"Broadway Danny Rose" è un film allo stesso tempo semplice e complesso, ricco di citazioni e omaggi a grandi artisti come Charlie Chaplin e Billy Wilder, il tutto messo in scena con un atmosfera molto noir anni '50. Con "Broadway Danny Rose" si inizia ridendo ma si finisce con un estrema tristezza. Un piccolo grande capolavoro.
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