Regia di Woody Allen vedi scheda film
Woody ritorna nell'ambiente del cabaret, degli artisti part time, degli esordienti e dei mediocri, in cui sguazzava una ventina di anni prima e da cui emerse trionfalmente; ci ritorna con un pizzico di nostalgia felliniana, impostando il discorso sull'umanità di questi artisti più o meno fortunati (e di Danny per primo) piuttosto che sull'effettivo repertorio e quindi su un tono riflessivo prima ancora che comico. Ne esce un risultato a tratti divertente e a tratti pensieroso, caratteristica che già Allen ha adottato nei suoi precedenti lavori e che sarà bene o male una costante dei successivi. Danny Rose in definitiva non è un vincente, ma nemmeno un fallito: è più semplicemente un uomo. Intelligente - magari non originalissima, ma qui efficace - la trovata di evocare il protagonista nelle chiacchiere da bar degli amici e conoscenti; buona parte del cinema di Allen ricorda qualcos'altro, ma rimane sempre a suo modo brillante. Ed è incredibile pensare alla quantità e alla qualità media - mai un solo errore - dei lavori cinematografici di questo piccolo, grande genio.
Danny Rose è un impresario di Broadway che si arrangia come può; ogni volta che uno dei suoi artisti ottiene un minimo di successo, puntualmente lo scarica. Così rischia di accadere pure con il crooner italoamericano Lou Canova, non fosse che a complicare le cose in aggiunta ci si mettono una bella ragazza e l'onore della famiglia...
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