Regia di George A. Romero vedi scheda film
George Romero se n’è andato, e assieme a lui finisce un’epoca indimenticabile del cinema indipendente, non solo di genere, ma anche dei prodotti di serie B ove, in penuria di mezzi e strumenti, si doveva improvvisare sfruttando dei set allestiti in fretta e degli effetti manifatturieri che fossero economici ed efficaci. “Creepshow” era un progetto fuori dal comune, il quale rendeva omaggio ai fumetti horror anni ’50 (“The Haunt of Fear” e “Tales from the Crypt”), spesso censurati e vituperati a causa dei contenuti violenti e inquietanti. Albi di cui Romero, nell’adolescenza, ne andava matto. Nell’adattamento dello script fu coinvolto un altro famoso appassionato di questi periodici: Stephen King (e nel prologo c’era perfino il secondogenito Joe), che debuttò come protagonista del capitolo “La morte solitaria di Jordy Verrill”. Naturalmente il demiurgo impegnato nel make-up non poteva che essere il poliedrico Tom Savini. Le location, in mancanza di uno studio che predisponesse di backlot, vennero scelte in posti inusuali, quali scuole e università della Pennsylvania e del New Jersey (dove hanno ripreso “Alta Marea”). Ogni pezzo della pellicola era collegato tramite un brillante montaggio che univa le vignette col live action. Curioso il fatto che il direttore della fotografia Michael Gornick abbia usato delle luci dai forti contrasti policromi, pervenendo contemporaneamente a non stemperare la lugubre parvenza. Ecco un sunto dei vari passaggi:
"Father's Day"
Una bieca vicenda di omicidio, alcolismo e complessi edipici. La scena si focalizza sul nucleo aristocratico della famiglia del patriarca Nathan Grantham (Jon Lormer), il quale tormenta emotivamente la figlia Bedelia, impersonata magistralmente dalla svedese Viveca Lindfors. Da segnalare le presenze preziose di Ed Harris e Carrie Nye: espletano convincentemente una chimica sinistra. Peccato per la mediocre Elizabeth Regan (Cass Blaine), chiaramente una scelta di cast improvvisata. Io avrei affibbiato un ruolo dei nipoti a David Emge (Stephen di “Dawn of the Dead”). Lo zombie creato da Savini, invece, è caricaturale (uno dei quelli che parlano), benché denoti un design emblematico e raccapricciante. La mésse non è niente male!
"The Lonesome Death of Jordy Verrill"
L’esordio di King sul grande schermo, nei panni di uno zotico contadino di periferia, che, al contatto con un misterioso meteorite, comincia a prendere l’aspetto di una pianta: sebbene sembri il frangente più grossolano, ci sono dei sottotesti particolarmente conformi alle tematiche di Romero, quali l’avidità e la perseveranza insite nella natura umana. King è sulle righe e ha un profilo bozzettistico, però non sfigura. Le cose migliori riguardano le deliranti visioni oniriche, che danno forma ad uno humor grottesco sollazzevole, nonostante la chiusa angosciosa.
"Something to Tide You Over"
Nella malvagità esposta, è probabilmente l’atto più memorabile. C’è oltretutto la comparsa (non comune nell’attività di Romero) di un membro dello star-system, ovvero Leslie Nielsen, qui lo squilibrato Richard Vickers, il quale sequestra e tortura consorte (Gaylen Ross di “Zombi”!) e relativo amante (Ted Danson), sotterrandoli nella battigia di una spiaggia deserta e costringendoli a trattenere il respiro nel momento in cui vengono sommersi dalle onde. Vickers è un patito di home video, e riprende i misfatti con una telecamera, gustandosi poi le sevizie nella lussuosa residenza. Un concentrato di sadismo e crudeltà che anticipava altresì la morbosità selvaggia dei reality. Le sequenze vengono infervorate da attanaglianti spartiti eseguiti con il synth, in una rappresentazione claustrofobica e virulenta. Bello.
"The Crate"
Una cassa anonima viene recapitata in un college dal custode. Questi contatta uno dei professori, Dexter Stanley (Fritz Weaver), e i due decidono di aprirla. All’interno si nasconde una specie di yeti che divora le persone (“Basket Case” anyone?). Stanley chiede aiuto al collega Northup (Hal Holbrook), un docente di mezza età canzonato dalla sboccata moglie (Adrienne Barbeau) per la sua impotenza. Le ribaltine saranno impregnate da turbolenti elementi vicini alla commedia nera. Lo splatter gagliardo e dilettevole compensa parzialmente i dialoghi pacchiani e lo sbalestrato parossismo della Barbeau. Il mostro, comunque, è agghiacciante. Secondo me “The Crate” è l’episodio meno riuscito, a cui darei una sufficienza stentata…
"They're Creeping Up on You"
Non ci sono creature immaginarie, bensì degli invadenti bacherozzi che devastano l’appartamento del perfido imprenditore Upson Pratt (E.G. Marshall). Pratt considera i suoi dipendenti degli insetti; li licenzia facilmente, "calpestandoli". Un po’ come fa con quelle blatte che continuano a infastidirlo… Indubbiamente il frammento più pauroso (tanto che in alcuni paesi è stato tagliato), specialmente grazie alla bravura di Romero nell’accennare i dettagli e le sortite furtive delle blatte sullo sfondo. Le piattole erano importate dal Guatemala, ma Savini avesse affermato di utilizzare noci e uvetta in certi punti. Non sarebbe stata disprezzata qualche inquadratura ravvicinata per nascondere meglio gli espedienti artigianali. "They're Creeping Up on You" rimane un finale minimalista estremamente conturbante.
“Creepshow” fu una “sleeper-hit” di buon livello, il cui ensemble da incubo divertiva e terrorizzava. Uno dei tanti gioielli che il Maestro ci ha lasciato, confermando, al netto delle imperfezioni, un estro artistico da fuori classe, pure nelle opere vicine ai “blockbuster”.
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