Regia di Sergio Corbucci vedi scheda film
Generato appena dopo l'avvento della novità del western all'italiana, "Django", come capitò anche ad altri titoli di genere divenuti negli anni di culto, uscì ma non realizzò grandi incassi, se non per conoscere , pochi mesi dopo , una seconda carriera in sala molto più remunerativa: a metà anni Sessanta, se erano apparsi violenti i primi due film di Leone, questo spinse il pedale della brutalità, includendo uno dei cattivi cui viene fatto mangiare il proprio orecchio dalla fazione avversaria ( detta così è una cosa giustamente insostenibile, ma fortunatamente si vede poco o niente), giungendo a livelli di inusitato furore, come la tortura cui viene sottoposto l'ombroso Django di Franco Nero. La storia, a grandi linee, ricalca quella di "Per un pugno di dollari", con il protagonista, un taciturno abilissimo con le armi, che si allea per opportunità prima con un clan, poi con l'altro, comunque per proprio tornaconto: la canzone dei titoli è cantata da Rocky Roberts, che realizza un modello molto imitato negli anni seguenti. Il film, a tratti, è pervaso da una disperazione onesta, altrove ricorre troppo insistentemente a scene di grand-guignol vario, forse per apparire più originale: nella sostanza, un westernaccio abbastanza onesto, godibile , che risente troppo dell'ispirazione all'originale leoniano.
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