Regia di Richard T. Heffron vedi scheda film
1877: il governo degli Stati Uniti promulga una legge n base alla quale tutti gli indiani, ostili e non, debbono essere confinati nelle riserve. I Nez Percés fino a quel momento non hanno mai combattuto l’uomo bianco e si vantano di non averne mai ucciso uno. All’inizio del secolo soccorsero la spedizione di Lewis e Clark e da allora hanno assimilato usi dell’uomo bianco: alcuni di loro sono battezzati e utilizzano il denaro come merce di scambio. Sono indiani “ricchi”, integrati, il loro capo si chiama Giuseppe. Ma l’ordinanza riguarda anche loro: debbono lasciare le loro terre e trasferirsi in una riserva lontana e malsana. Ci sono discussioni in seno alla tribù ma Giuseppe vuole la pace e decide per la via della riserva ma un gruppo di giovani reagisce a un sopruso dei bianchi e i Nez Percés non si possono più vantare di non averne ucciso alcuno. Giuseppe capisce che l’unica via è la fuga in Canada, là dove i diritti dell’uomo rosso hanno ancora un valore. I Nez Percés iniziano una lunga ed epica marcia con donne, vecchi e bambini al seguito, braccati dall’esercito americano con il quale si scontrano più volte, vincendo tutte le battaglie, tranne l’ultima, a pochi chilometri dal confine canadese. Dopo una fuga di 5 mesi e 1500 chilometri, sotto una bufera di neve alcuni Nez Percés valicano il confine mentre Giuseppe si arrende pronunciando un discorso riportato su tutti i libri di storia americani: “Sono stanco, il mio cuore è malato e triste … da dove sta ora il sole io non combatterò più!”. Tutto questo è storia: il film la riporta fedelmente sullo schermo. La produzione non è di primo piano e la stragrande maggioranza degli attori è non professionista, ma il film è dignitoso e rende giustizia ai Nez Percés, vittime dell’episodio più vergognoso delle guerre indiane.
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