Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
Il riscatto della mediocrità, tutto nello sguardo folle e orgoglioso di Gassman mentre pronuncia 'faccia di merda' all'ufficiale austriaco, ben conscio di stare firmando la propria condanna a morte. Eppure a Venezia il premio andò solamente a Sordi (comunque indiscutibile). La grande guerra non è il classico film di bombardamenti, eroi e soldati intrepidi: è innanzitutto una commedia, con due personaggi definiti con mano leggiadra (sceneggiatura di un team impeccabile ed affiatato come Age-Scarpelli-Monicelli-Vincenzoni) ed i relativi interpreti in stato di grazia; ciò va sottolineato bene, perchè fino a quel momento un tentativo simile non era mai stato fatto: ironizzare sull'italiano come soldato ed in generale sul valore degli eroi. Qui sono, come spesso accade, le cosiddette 'persone comuni', ma talmente comuni da diventare eroi quasi per sbaglio: per sbaglio Jacovacci e Busacca si trovano dove sono, per sbaglio vengono catturati (nel sonno), per sbaglio Jacovacci parla del 'ponte di barche' che interessa agli austriaci, che sempre per sbaglio innervosiscono Busacca e fanno entrare nel novero degli eroi di guerra i due pavidi e semplici omuncoli. Dei tanti film di Monicelli, certo questo è uno dei più significativi e rappresentativi del talento del regista toscano, più volte tacciato di avere dalla sua soltanto del 'mestiere'. Ma in fondo - per dire - nessuno dei Beatles era un formidabile solista.
Jacovacci, romano, e Busacca, milanese, sono due pavidi soldati italiani durante la prima guerra mondiale. In ogni modo evitano le responsabilità ed approfittano delle situazioni per fuggire o strappare soldi o viveri e sottrarsi in definitiva al fronte. Ma un giorno, sul Piave, sono catturati dagli austriaci e, rifiutandosi di rivelare un'informazione segreta, muoiono fucilati da eroi.
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