Regia di Giuseppe Tornatore vedi scheda film
Uno sparo, una corsa affannosa tra fango e sterpi, un blocco della polizia e un lungo interrogatorio nel commissariato diuno sperduto paesino francese: ha tutte le caratteristiche di un thriller, Una pura formalità, il film con cui Tornatore, dopo il bozzettismo romantico di Nuovo Cinema Paradiso e l'accademismo pretestuoso di Stanno tutti bene, torna finalmente al cinema di genere. Era infatti un robusto intrigo poliziesco-politico il suo film d'esordio, il Camorrista, del 1986. Una pura formalità ruota intorno alla scoperta dell'identità di due uomini (un sospettato e una vittima) e al gioco del gatto col topo, che il commissario inscena con il misterioso individuo fermato senza documenti e tutto fradicio. Depardieu, eccessivo e corpulento (126 chili) si batte per sfuggire alla trappola e per cercare di ricordare cos'è accaduto quella notte; Polanski, piccolo, arguto, inquietante, cerca di farlo confessare e soprattutto ricordare. Un film incubo nel quale i pregi equivalgono ai difetti. Tra i pregi un gran faccia a faccia di Depardieu e Polanski. Il difetto, purtroppo grosso, è l'autoconsiderazione che Tornato ha di sé: invece di mettere la macchina da presa al servizio della sua storia, decide che la macchina da presa (perciò lui, l'autore) deve essere sempre al centro della scena, e fa inquadrature troppo ricercate e "visibili", semina preziosismi e parecchia presunzione. E il suo film resta in bilico tra il buon cinema e l'esibizionismo inutile.
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