Regia di Giuseppe Tornatore vedi scheda film
La canna di una pistola inquadrata in primissimo piano. Poi uno sparo e quindi una corsa a perdifiato mostrata in soggettiva sotto una pioggia battente tra i dedali di un bosco in piena notte. Alla fine due occhi e un respiro affannoso rompono la fragorosa litania di violini impazziti. La corsa è interrotta da un posto di blocco della polizia, che chiede i documenti al corpulento e ancora anonimo individuo il quale dice di averli dimenticati a casa. Viene perciò condotto in commissariato, un luogo umido e malsano ricavato da un vecchio casolare di campagna, pieno di crepe al soffitto e di bacinelle poste su pavimento per raccogliere l'acqua piovana che vi entra copiosa. Arriva finalmente il commissario (Roman Polanski), una figura minuta e dal fare risoluto, che dopo un primo momento di diffidenza si vede costretto a riconoscere nell'uomo che gli sta di fronte le fattezze di Onoff (Gerard Depardieu), uno dei più grandi scrittori viventi, quello di cui ha letto tutti i libri, conoscendoli a memoria passo per passo.
Una pura formalità - Roman Polanski e Gerard Depardieu
Inizia così un serrato scontro dialettico che oscilla tra l'interrogatorio di polizia volto a stabilire inconfutabilmente chi ha sparato a chi e perchè, e una ricognizione esistenziale di Onoff da cui emerge una personalità complessa ed emotivamente instabile. Il tutto fa un allucinato incubo ad occhi aperti tutto giocato sul filo sottilissimo dei ricordi, che appaiono e scompaiono con la velocità di un attimo, segmentati come se si trattassero di pezzi di un puzzle che andrebbe ricomposto seguendo le linee guida imposte dalle innumerevoli istantanee di una vita, e posizionate all'ombra di un talento creativo in fase di progressivo esaurimento. Ascolta assorto il commissario, intento a muoversi tra omissioni più o meno gravi e tentativi di fuga, stati d'ansia e illuminanti sbalzi di vitalità, con l'atteggiamento di chi in fondo in fondo patteggia per il "suo" scrittore anche se l'esercizio delle sue funzioni lo pone di fronte un uomo scarnificato di tutto il suo alone di grandezza, con tutte le sue colpe represse e palesi debolezze ("Lei non è degno delle opere che ha scritto", sbotta a un certo punto il commissario). La pura e semplice formalità di un indagine di polizia lo hanno portato a dover constatare che l'incarnazione di uno spirito elevato si è rivelata essere la sostanza arcana di un mistero duro da portare a conclusione : perchè ricordare può significare spalancare le porte all'oblio, dove la speranza di sfuggire alle proprie ossessioni ha le fattezze gentili un verbalizzatore di memorie (Sergio Rubini) e l'illusione di dimenticare e di essere dimenticati ha l'ambigua indeterminatezza di una serie di fogli bianchi che corrodono le cattive coscienze. Lo sparo è un attimo, la morte può durare in eterno. "Una pura formalità", o il coraggio di fare del cinema che odora di metafisica, tra lo stato ipnotico che aleggia sulla plausibilità di una "normale" indagine di polizia e la fantastica generosità di un atmosfera fetida e sognante insieme (ottimo il lavoro di Andrea Crisanti alla scenografia e di Blasco Giurato alla fotografia). Un film sorprendentemente unico ed originale (a livello assoluto direi e non con il solo riferimento alla produzione italiana) di Giuseppe Tornatore qui al servizio esclusivo di un idea pura di cinema, con tutto il talento che possiede e con uno stile ben diverso dalle magniloquenti produzioni avvenire. Grandi gli attori, sia i tre protagonisti che i due ottimi caratteristi Tano Cimarosa e Nicola Di Pinto nelle vesti di due agenti del commissariato. Se non sorprendono l'efficace sovraesposizione di un corpulento Gerard Depardieu e il talento discreto dello scrivano Sergio Rubini, è un piacere scorgere importanti doti interpretative in un grande autore di cinema come Roman Polanski, davvero superbo nelle vesti del grande cerimoniere in una storia assurda sul confine tra la vita e la morte. Grande film.
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