Regia di Hou Hsiao-hsien vedi scheda film
La storia della famiglia Lin sullo sfondo del dramma storico successivo alla liberazione di Taiwan dopo la Seconda Guerra Mondiale. Maestoso, impegnativo e con tempi narrativi molto ampi che richiedono un certo impegno. Non un film per tutti, ma da cui tutti possiamo trarre un insegnamento o una scena da ricordare.
Recensire un film complesso e multiforme quale "Città Dolente" di Hou Hsiao-hsien, riconosciuto a livello internazionale e premiato con il Leone d'Oro a Venezia, incensato e lodato dalla maggior parte della critica cinematografica, non è affatto semplice. E soprattutto diventa difficile trovare un "accordo" tra opinione personale e critica specializzata, in quanto non è semplice muovere alcune obiezioni a un'opera così altamente considerata e valutata. Tenterò, in ogni caso, di offrire il mio contributo concentrandomi sugli aspetti più interessanti e meritevoli di attenzione, riducendo le critiche e le opinioni personali al minimo indispensabile.
Dopo le circa due ore e quaranta minuti di Città Dolente appare evidente a uno sguardo complessivo la maestosità della narrazione, ma al tempo stesso è innegabile riscontrare una notevole dilatazione dei tempi, lunghi e riflessivi, chiara e voluta scelta del regista.
A questo tipo di regia si affianca una sceneggiatura sobria, essenziale, che rifugge dal commento didascalico (eccezion fatta nelle traduzioni dei messaggi scritti da Wen-ching, affetto da sordità, piacevoli reminiscenze delle didascalie del cinema muto); ci troviamo dunque innanzi a una pellicola che fa della lenta narrazione la cifra principale di interpretazione dell'opera. L'impegno e lo spirito con cui avvicinarsi a Città Dolente deve dunque essere massimo, per evitare di perdere i piccoli dettagli che la caratterizzano.
La grandezza dell'opera risiede nella commistione tra vicende famigliari e avvenimenti storici: al termine della Seconda Guerra Mondiale, la famiglia Lin dovrà fare i conti, dopo aver perso uno dei quattro fratelli in guerra, con i disordini legati al periodo del "Terrore bianco" successivi all'incidente del 1947 a Taiwan. Ne verrà inevitabilmente flagellata e, oltre allo sconvolgimento delle dinamiche famigliari interne, vivrà il dramma insinuarsi a poco a poco nelle vite di ognuno, tra morti, arresti e malattie mentali. L'abilità del regista risiede proprio nel descrivere tale dramma, la Storia che si infiltra nella vita quotidiana, con gradualità e senza infrangere la raffinata costruzione di fotografia e sceneggiatura, come una marea che lentamente sale fino a sommergere le vite di ognuno.
Precisa e coerente la scelta della fotografia, che rifugge dai primi piani e propone campi lunghi, inquadrature fisse per la quasi totalità del film, ma che al tempo stesso, a mio modo di vedere, a tratti rende ancora più impegnativo seguire le vicende e mantenere la concentrazione. Interessante notare come alcune inquadrature descrivano lo stesso ambiente sempre dallo stesso punto di vista: l'atrio dell'ospedale, ad esempio, è inquadrato sempre dal corridoio verso la porta di ingresso, e in tempi diversi durante il film testimonia, come un occhio nascosto e severo, le diverse vicissitudini che scandiscono i tempi dell'opera (dal dramma delle sommosse con decine di feriti in cerca di assistenza medica, all'evento lieto di uno dei personaggi in procinto di partorire).
Non impeccabile il commento musicale, a mio modo di vedere, ma rappresenta forse l'elemento meno significativo a cui prestare attenzione.
Non si tratta di un film facile e sicuramente non mi sento di consigliarlo a chiunque: la lentezza e la costruzione anti-spettacolare possono rendere impegnativa la fruizione di quest'opera. Io stesso ho avuto alcune difficoltà a mantenere la concentrazione elevata per tutta la proiezione, tuttavia credo che la pellicola possa guadagnare sostanzialmente se ripresa con calma e approfondita in visioni successive.
E' interessante concentrarsi sui dettagli che emergono, come sprazzi di bellezza, dalla costruzione severa e impeccabile del film. Ne sono alcuni esempi le lettere narrate con voce fuori campo, le scene violente inquadrate da distanza come un osservatore distaccato, i contrasti tra fotografia di interni e fotografia di paesaggi esterni, la conclusione del film con la foto di famiglia a testimoniare un ricordo imperituro nonostante la drammaticità degli eventi.
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