Regia di Hou Hsiao-hsien vedi scheda film
Voto 10/10 Il film di Hou Hsiao Hsien che, vincendo il Leone d’oro a Venezia nel 1989, rivelò in Occidente la statura artistica del regista e della cinematografia taiwanese. La trama ci racconta le vicende della famiglia Lin a Taiwan nell’immediato dopoguerra, quando l’isola passò dal governo giapponese a quello cinese e ci furono una serie di gravi rivolgimenti politico-sociali che culminarono in una serie di proteste contro il governo locale corrotto, proteste che furono estinte nel sangue dalle truppe cinesi inviate da Chang Kai-shek (il massacro più atroce fu consumato nel 1947 ed è noto come l’incidente 2/28). Nel film seguiamo le vicende dei membri di questa famiglia che si incrociano con gli avvenimenti che segnarono la storia locale di quel periodo; in particolare seguiamo tre fratelli. Il primo è Wen-Heung, il proprietario di un ristorante chiamato “Little Shanghai”, che cerca in tutti i modi di tenere unita la famiglia, ma viene ostacolato nei suoi affari dalla mafia di Shanghai, che gli farà pagare un prezzo molto alto per la sua opposizione; il secondo fratello Wen-Leung ritorna dalla guerra in uno stato confusionale ed è ricoverato in un istituto psichiatrico; quando ritrova il suo equilibrio si lega in affari con degli spacciatori sempre appartenenti alla criminalità di Shanghai, ma sarà arrestato come collaborazionista e, dopo essere stato torturato in prigione, perderà di nuovo la sua salute mentale. Il terzo fratello Wen-Ching è un fotografo sordo che si lega a degli oppositori al governo, fra cui il maestro Hinoe, che fugge nelle montagne per unirsi alla guerriglia, mentre Wen-Ching si innamora di sua sorella, l’infermiera Hinomi, che lo sposerà e gli darà un figlio…
Il film ci propone un quadro di storia locale di grande suggestione e forza rappresentativa, che necessiterebbe comunque di una certa familiarità con gli eventi che segnarono il dopoguerra a Taiwan per essere seguito agevolmente. L’impianto dell’opera è corale, l’azione di certo non manca, così come anche i dialoghi sembra siano più fitti rispetto alla media dei film del regista, tuttavia il film si distingue per uno stile di mise en scène piuttosto atipico, che potremmo definire probabilmente “minimalista”, caratterizzato da lunghi piani-sequenza spesso ripresi in campo lungo, con un deliberato rifiuto del primo piano e un uso dei piani medi soprattutto nelle parti più emotive che raccontano la storia d’amore di Wen-ching ed Hinomi. La scelta stilistica di Hou può risultare ardua per il pubblico meno preparato, considerata anche la lunga durata di 160 minuti, ma se si è disposti ad immergersi attivamente in una visione più impegnativa, spesso si rimane affascinati dal modo in cui la macchina da presa cattura gli eventi in lunghi piani fissi dove comunque succedono molte cose, osservate con una certa distanza ed imparzialità dallo sguardo del regista. Nel cast spicca soprattutto l’interpretazione del bravissimo attore hongkonghese Tony Leung Chiu-wai, tra i preferiti di Wong Kar-wai, che riesce a conferire un rilievo caldo e affascinante al personaggio del mite fotografo sordomuto; devo ammettere che non conosco nessuno fra gli altri membri del cast, ma mi è sembrata molto brava almeno l’attrice che interpreta Hinomi, che si chiama Xin Shufen. Una piccola riserva che esprimo a titolo personale, comunque, è quella che la narrazione fortemente ellittica non mi è risultata sempre chiarissima e forse ho perso qualche nesso, anche a causa di un gran numero di personaggi, fra cui quelli secondari risultano a tratti piuttosto evanescenti; nel complesso, comunque, si tratta di una pellicola solida e ottimamente diretta che merita l'appellativo di capolavoro con il quale è stata salutata: chi vuole vederla può trovarne una buona copia efficacemente sottotitolata in inglese su Youtube al seguente indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=uudx6d71tdQ
Per molti critici "Città dolente" è non solo il capolavoro del maestro Hou, ma uno dei più grandi film cinesi della storia.
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