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America oggi

Regia di Robert Altman vedi scheda film

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La recensione su America oggi

di Antisistema
10 stelle

Il vero pessimismo, non consiste nell'affastellamento di vicissitudini negative che colpiscono i personaggi tipico del cinema ricattatorio americano, nè quello derivante dal dolore nazional-popolare di certi autori sopravvalutati come Inarritu; il vero pessimismo cosmico trova la sua origine nelle vicissitudini della vita quotidiana ed è quello che si manifesta quando siamo in famiglia, quando andiamo a lavoro oppure siamo indifferenti a qualsiasi avvenimento del mondo esterno. 

America Oggi di Robert Altman (1993), nella sua durata fluviale di oltre 3 ore, una narrazione corale composta da ben 22 personaggi e 10 storie che si intrecciano tra loro (alcune in modo più marcato, altre meno), si presenta come un trattato antropologico e sociologico della condizione umana, destinata ad essere sempre uguale a sè stessa circolarmente innanzi a qualsiasi avvenimento. 

 

 

La pellicola mette al centro tutte storie che hanno in comune delle famiglie che dietro l'apparente ed ordinaria felicità, sono distrutte da conflitti coniugali più o meno sottaciuti o in altri casi espliciti e da rapporti insoddifascenti tra genitori e figli. 

Il minimo comune denominatore della disfunzionalità relazionale, secondo l'autore è l'assoluta incapacità dell'essere umano di pensare ed andare oltre sè stesso come mero individuo, per aprirsi al prossimo. La macchina da presa di Altman non ha alcuna pretesa moralista, ma solo una forte inclinazione caustica nel mettere in scena la natura umana sempre uguale quale che sia il sesso, l'età, la classe sociale, il lavoro e la nazionalità. Non c'è possibilità di salvezza da parte dell'essere umano, che oramai sembra essersi totalmente chiuso in sè stesso, perso nel dolore e nei suoi problemi quotidiani, arrivando ad isolarsi totalmente dal mondo. 

Neanche due grandi scossoni provenienti dall'esterno, come la pioggia di insetticidi atta a sterminare degli insetti fastidiosi che stanno tormentando la popolazione di Los Angeles o il terremoto finale sono in grado di cambiare l'assetto umano; Altman sembra dirci che a questo punto neanche l'apocalisse sembra poter dare una forte scossa ad una natura umana inesorabilmente chiusa nella sua amara individualità e arrivare ad unire a livello interprersonale ciò che la narrazione ci presenta nell'arco delle tre ore in modo disordinato quanto frammentato. La solidarietà e l'unità tra esseri umani sono lettera morta, forse l'unica cosa che può far si che l'individuo per un pò possa di tempo comprendere l'altro, è l'estremo dolore derivante dalla morte di un caro, ma ciò risulta essere un qualcosa di meramente temporaneo poichè la meschinità umana finirà con il mettere sempre sè stessa al primo posto, arrivando a ferire, umiliare ed offerendere il prossimo, allondanandosi inesorabilmente l'uno dall'altro. 

 

 

La regia di Altman è di una semplicità e sobrietà disarmante, scegliendo di far uso di una fotografia non elaborata, in modo da accentuare lo sguardo quotidiano una Los Angeles composta da personaggi fuori di testa, schizzati, indifferenti ed inopportuni. 

Le storie sono molte ed i personaggi sono tantissimi, ma il regista avvalendosi anche di ottime prove attoriali, riesce a rendere tangibili i ritratti umani inquadrati dalla sua macchianda presa. Impossibile non citare lo splendido monologo di Jack Lemmon rivolto al figlio, dove gli rivela il tradimento commesso anni addietro verso sua madre, scegliendo però di riconciliarsi con lui nel momento meno opportuno viste le gravi condizioni di suo nipote a seguito di un incidente automobilistico, oppure il personaggio di Julianne Moore che rivela il tradimento verso il marito diversi anni addietro, o lo splendito poliziotto psicopatico interpretato da un ottimo Tim Robbins, un giovanissimo quanto talentuoso all'epoca Robert Downey jr. (che ora s'è perso tra Iron-man 20 e Sherlock Holmes 10) che interpreta un truccatore professionista ed infine Chris Penn nei panni sommessi ma inquietanti di un marito sessualmente impotente pronto ad esplodere nelle sua tensione latente e sottaciuta. 

 

 

Altman è impietoso nel trarre un'analisi dei suoi personaggi chiusi molto spesso tra le quattro mura di casa loro, ma alla fine saggiamente non vuole giudicare nessuno, restando sempre abbastanza distaccato con la macchina da presa, poichè non fa altro che mettere in scena la natura umana; quella vera. Siamo tutti immersi nei nostri problemi, in preda ad un continuo girovagare senza nè meta e nè futuro, da non poter prestare troppa attenzione a ciò che ci gira intorno e se ci si pensa è un qualcosa di vero; a quanti di noi importa di un morto in ospedale con cui non abbiamo un legame? Nulla giustamente, centinaia di migliaglia di persone muiono ogni giorno, chi per cause naturali, chi per incidenti, chi perchè lascia il suo paese sperando di avere una vita migliore ma affonda in mare, ma in tutta sincerità sono solo e soltanto numeri, che scivolano via innanzi ai nostri problemi e ai nostri piaceri giornalieri, tanto che alla fine se si é riusciti ad avere finalmente un pò di tempo per sé stessi, di certo non lo si spreca per occuparsi del prossimo, scegliendo giustamente di essere indifferenti al mondo (vedere i tre pescatori ed il cadavere). 

Questo è il vero pessimismo cosmico, quello sottaciuto e all'apparenza non così distruttivo, ma in realtà quello più nocivo poichè ci ha resi impermeabili a qualsiasi stimolo esterno, che non sia cercare di soddisfare noi stessi; ma come ben chiaramente appare dal film, la nostra felicità si basa sull'infelicità altrui e nella stragrande maggioranza dei casi, al prossimo dei nostri problemi non interessa niente, poichè li trova irrilevanti rispetto ai suoi. 

America Oggi è il miglior film di Altman tra quelli da me visti e l'apice della narrazione corale, meritatamente premiato con il Leone d'oro a Venezia, ma venne sostanzialmente ignorato agli oscar ottenendo una sola nomination per la miglior regia (praticamente un contentino), venendo sconfitto da Spielberg con il film Schindler's List, che presenta un dolore lontano nel tempo e non attuale come quello presentataci da Altman, che invece è comune a tutta l'umanità senza alcuna distinzione. Non c'è alcuna gratuità nel pessimismo da parte del regista, che non calca mai la mano nelle situazioni riuscendo sempre a compiere un gran lavoro nel trattenere le varie situazioni dei personaggi, senza lasciarsi mai andare troppo, ma ritraendole con un trono caustico tragicomico, come d'altronde è la vita, ma nonsotante questo, parte della critica (specie quella americana), ha avuto da ridire sul film accusandolo di pessimismo e di essere volgare e sessista, quando Altman non fà altro che mettere a nudo i suoi personaggi tra le quattro mura di casa. 

 

 

Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297

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