Regia di Robert Altman vedi scheda film
una vetta del cinema di fine millennio, segno' il ritorno a grandi livelli di uno dei maestri della cinematografia contemporanea. Banalmente, si potrebbe dire che "Short Cuts" sta agli anni 90 come l'inarrivabile "Nashville" stava ai 70. In realta', tra le due opere corrono sottili differenze: quello era un potente e amaro affresco incentrato su temi collettivi riguardanti la politica, la societa' e il costume americano; questo e' invece un film piu' "privato", piu' incentrato sulla sfera sessuale e sul microcosmo familiare, ma non per questo meno profondo nel profilo sociologico. I personaggi sono eccentrici, surreali, grottescamente deformati, ma al tempo stesso lucidi rappresentanti di una societa' futile e amorale. La ricca e variegata giostra di personaggi (22, neanche troppi per Altman) e' tenuta in piedi da una regia leggera, fine e a tratti geniale; uno sguardo che prova a tracciare degli impercettibili fili tra le solitudini e i destini dei personaggi, non disdegnando parentesi umoristiche, affettuose o drammatiche. La musica (non piu' country, ma jazz) ha come sempre un ruolo fondamentale, ma il montaggio non e' da meno; tutti gli interpreti sono da applauso. Il simbolismo di alcuni spunti (i pesci, l'insetticida, il terremoto...) non e' mai greve. Film apocalittico ma sereno, con una componente fatalistica non facile da cogliere, mette letteralmente in scena nevrosi, paranoie, ipocrisia, follia, deriva morale, amarezza, narcisismo, velleitarismo della societa' USA (non solo?) dei nostri tempi. Alla fine non c'e' piu' nessuno che canta "It doesn't worry me", ma il popolo americano sembra non aver cambiato idea. Capolavoro
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta