Regia di David Lean vedi scheda film
La madre di tutti i brevi incontri si chiama, appunto, Breve incontro ed è un film impeccabile. Narrando l’infelice quanto temporanea storia d’amore tra due persone rispettabili e felicemente sposate (forse sta qui la magia: non si parla di due anime in crisi o di una coppia di disgraziati d’amore, ma due anime che entrano in crisi a causa di un sentimento che non sanno e non possono gestire) articolata in cinque giovedì, giorno in cui lei va a fare compere in città e lui ha il turno nell’ospedale locale, David Lean compie non solo l’ardua impresa di evitare accuratamente il teatro filmato (all’origine c’è un testo di Neal Coward) e di conferire un ordine temporale più cinematografico ed appassionante (un lungo flashback dominato dalla voce off di lei in un’ideale confessione al marito tradito), ma anche di schivare con professionalità il mare di melassa in cui poteva affogare sia il cast che il pubblico.
Se da un lato attribuisce a due caratteristi (il facchino e la locandiera) il compito di alleggerire il film con brio e vivacità, dall’altro non priva di normalità i protagonisti, aiutando il pubblico non solo ad una maggiore identificazione ma anche a non rendere il racconto troppo patetico e lirico. Celia Johnson (Meryl Streep si ricorderà di lei per tratteggiare la sua Francesca de I ponti di Madison County) e Trevor Howard sono perfetti nel rappresentare i turbamenti improvvisi, i passionali dubbi e le strazianti angosce di Laura e Alec, entrando di diritto nel folto immaginario cinematografico in cui risiedono coloro che non possono amarsi per cause di forza maggiore. Un classico commovente ed elegante, peraltro reso ancor più memorabile dall’utilizzo dello stupendo concerto di Rachmaninoff, quintessenza della tristezza e dell’amore perduto.
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