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I migliori anni della nostra vita

Regia di William Wyler vedi scheda film

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La recensione su I migliori anni della nostra vita

di scandoniano
7 stelle

Drammone (sulle conseguenze post-belliche) che ha fatto epoca. La sceneggiatura è troppo scialacquata e nonostante un’estetica notevole, il film è tedioso, oltre che manicheo e lentissimo.

 

Intenso dramma sui reduci della seconda guerra mondiale, in cui tre uomini (Al il fante, Homer il marinaio e Fred l’aviatore) si incontrano per caso sulla via del ritorno per casa. Stringeranno un’amicizia sincera, cementata dalla medesima condizione di una re-inclusione sociale complicatissima.

 

Caterve di riconoscimenti per questo drammone del 1946 che ha segnato positivamente la carriera di William Wyler. Nonostante una lentezza estrema, in cui l’unica tematica trattata viene portata avanti per ben tre ore di visione, con la conseguenza di uno scialacquamento piuttosto evidente, il film emoziona, e non solo per la condizione disagiata di Homer (un Harold Russell realmente privi delle mani), ma soprattutto per la condizione di disperazione sociale, prima ancora che psicologica, di chi, è questa la chiave di lettura di Wyler, affida “i migliori anni della propria vita” allo Stato, ricavandone in cambio solamente batoste e bocconi amari.

 

Dana Andrews, Harold Russell

I migliori anni della nostra vita (1946): Dana Andrews, Harold Russell

 

Nonostante molte situazioni finiscano per andare per il meglio, la trattazione manichea degli autori, per cui sono o tutti bravi o tutti cattivi (ed ovviamente i bravi sono solo i reduci, con pochissime eccezioni al di fuori della loro cerchia), rende il film meno perfetto di quanto si creda. La messa in scena è sontuosa, la fotografia emozionante, le interpretazioni di grande spessore. La regia e il montaggio invece appaiono nella norma. Complessivamente un film coraggioso, anche se intellettualmente (troppo) schierato e per questa ragione gravato eccessivamente di una zavorra (il pessimismo cosmico alla base della sceneggiatura) che appesantisce tutta l’operazione. Guardarlo una volta è quasi obbligatorio, prendersi la briga di sorbirselo una seconda è quasi masochistico.

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