Regia di William Wyler vedi scheda film
Melodramma postbellico con pregi e difetti – questi ultimi accentuati parecchio dal tempo trascorso dall’uscita del film. Alle sequenze che denunciano abbastanza apertamente i problemi dei reduci della seconda guerra mondiale, eroi dimenticati, si alternano siparietti sentimentali da romanzo d’appendice, mentre il finale zuccheroso – in sostituzione di un più congruo messaggio magari ottimistico, basato sulla necessità di rimboccarsi le maniche ed evitare, se possibile, per il futuro, ulteriori eventi bellici – non rende un buon servizio ad un film che ha momenti di ottimo cinema e una dignitosissima interpretazione in generale di tutto il cast, con una mia preferenza per Fredric March e per il sempre sottovalutato Dana Andrews. La sequenza migliore, quasi ardita per una produzione hollywoodiana, è indubbiamente quella del capitano Derry all’interno della carcassa d’aereo, con le inquadrature, in sequenza, delle ali prive dei motori, come se si trattasse di una sorta di castrazione dell’eroe, reduce dell’aviazione.
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