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Napoli milionaria

Regia di Eduardo De Filippo vedi scheda film

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La recensione su Napoli milionaria

di scandoniano
10 stelle

Eduardo De Filippo, si sa, è tutt’uno con l’arte teatrale. Durante la sua carriera artistica non ha tuttavia nemmeno mai nascosto la scarsa propensione per l’arte cinematografica, a cui prestava il proprio genio soltanto all’occorrenza, in quanto, per sua stessa ammissione, gli consentiva di guadagnare i soldi per fare poi teatro. La terza delle sue 13 regie cinematografiche, tra le più riuscite, fu “Napoli milionaria”, lungometraggio realizzato nel 1950 come affresco della città partenopea alle prese con la seconda guerra mondiale. Parole chiave: “Napoli”, ma anche “guerra”. Con la prima che cambia la seconda. Ma non tanto in senso fisico, o estetico, quanto sul versante psicologico e comportamentale, perché è più sconvolgente la metamorfosi di Amalia Iovine che la distruzione del rifugio n. 56. Il film è tratto dalla pièce in tre atti di cui lo stesso Eduardo è autore; la maggiore potenzialità dell’unità spaziale del mezzo cinematografico e la sua superiore spettacolarità inducono De Filippo (regista e sceneggiatore) a potenziare la forza drammaturgica di alcuni dettagli, edulcorati invece nella versione teatrale. Altra differenza con la versione originale, stavolta ben più evidente, è quasi “causa” della presenza di Totò nel cast, a cui viene affidato il ruolo del “morto professionista” (figura che nella versione teatrale viene impersonata dal capofamiglia). Complessivamente un’opera che fa storcere il naso ai puristi eduardiani, innamorati della versione originale, ma che sul piano meramente cinematografico ha una valenza ben più che sufficiente.

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