Regia di Neil Jordan vedi scheda film
Una favola nera alla Tim Burton con la forza visiva di Mario Bava e la morbosità espressiva di Dario Argento. Il lavoro horror di Neil Jordan è apprezzabile su più fronti. Dapprima la cifra estetica che è notevole, con un’ambientazione favolistica ricreata secondo i caratteri della favola vecchio stile, e fa niente se ci rendiamo conto dell’artificiosità di scene e interni vari, perché proprio questa sensazione ci riporta all’ovatta infantile dei nostri primi sogni. In secondo luogo, la rivisitazione della favola di Cappuccetto Rosso ri-sottolinea come nelle favole per bambini si possono nascondere ben altri sottotesti, soprattutto in Andersen. In ultimo è da applaudire il coraggio con con cui il regista narra il sogno, o la turba, sessuale della giovane protagonista, incastrandola in un sogno notturno che ne racchiude altri. Durante la notte in cui sogna, la giovane e bellissima protagonista del film, passa dall’infazia all’adolescenza maturando nel proprio intimo una trasformazione che è quella poi finale, in cui diventa anche lei lupo e segue l’amato licantropo che era stato capace di infiammarle cuore e sesso. Il binomio lupo-sesso, infatti, non è nuovo al genere horror, e sebbene in questo film si respiri tutt’altro che un’aria angosciante o disturbante, il suo tema centrale riesce sembre a incuriosirci e a penetrarci morbosamente nella pelle.
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