Regia di Blake Edwards vedi scheda film
Film insolito nell'opera di Blake Edwards, "I giorni del vino e delle rose" è un melo che affronta il difficile tema dell'alcolismo con una maturità sorprendente per l'epoca. Al centro della pellicola la storia di Joe e Kirsten, coppia che sopravvive tra lavori precari e avvilenti di lui e una maternità per cui lei probabilmente non risultava pronta, e affoga nella bottiglia le reciproche incomprensioni e fallimenti. La sceneggiatura è tratta da un "teleplay" di tale J.P. Miller, sceneggiatore che non conosco, la cui versione televisiva era stata diretta da John Frankenheimer e interpretata da Cliff Robertson e Piper Laurie. Il film è molto amaro nella descrizione della vita di coppia, con qualche scena relativamente più leggera posta soprattutto nella prima parte, ma nel complesso si tratta di una pellicola piuttosto cupa e senza speranza, che all'epoca dovette risultare disturbante per il pubblico (stando alla pagina di Wikipedia in inglese, sembra comunque che fu un buon risultato a livello commerciale). E' un film principalmente di attori, con un Lemmon coraggioso in un ruolo estremo che richiede scene di autodegradazione fisica -soprattutto quella in cui distrugge una serra per cercare una bottiglia- svolte con una partecipazione emotiva che strappa l'applauso, e anche Lee Remick è molto intensa e completamente focalizzata sul personaggio, con alcuni momenti che entrano di diritto in una ideale antologia della recitazione cinematografica. All'attivo anche una fotografia in bianco e nero raffinata e atmosferica che contribuisce molto alla definizione dei personaggi, mentre forse qualche incertezza nella scrittura subentra nella seconda parte, con il personaggio un po' didascalico dell'amico degli Alcolisti Anonimi e qualche scena non del tutto padroneggiata, soprattutto quella in cui Lemmon vorrebbe pagare i debiti al suocero e questi sta quasi per strozzarlo, che scade un po' nell'ovvietà, ma il finale è duro e non riconciliante. Un bel risultato che dimostra l'estensione del talento registico di Edwards, che forse avrebbe dovuto dedicare maggiormente i suoi sforzi anche al registro drammatico, qui perfettamente congeniale alla sua regia.
voto 8/10
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