Regia di David Cronenberg vedi scheda film
Il controllo della mente sulla materia - che raggiunge l’apoteosi nel finale del film – è uno dei temi dominanti dell’opera di Cronenberg, e qui si trova al centro di una sfida epocale tra individui normali e superdotati. Questo è un nuovo episodio, forse più classico e meno fantasioso del solito, della sua fantascienza “interiore”, che cerca la natura aliena non negli extraterrestri, bensì nelle varianti della nostra stessa specie. L’essere mutante destabilizza gli equilibri della società ed inquieta gli animi, però, nel contempo, appassiona l’intelligenza, aprendo nuove strade al pensiero razionale e all’inventiva dei sapienti. Umano è ciò che già esiste, sovrumano è ciò che si può creare ex novo, in un esperimento che, come in eXistenZ o in Inseparabili, ha un po’ del gioco e un po’ dell’arte. La reificazione del vivente, che diventa plasmabile e si fonde con gli oggetti, si specchia nella follia opposta, che forma la sostanza inerte ad immagine e somiglianza di una persona: l’interazione meccanica tra il cervello di Cameron e il computer, da un lato, e le mostruose sculture antropomorfe di Benjamin, dall’altro, sono le due facce di questa perversione, presente nella cinematografia di quest’autore fin dalle prime opere per la tv (vedi, ad esempio, il cortometraggio Macchina Italiana, del 1976). Scanners, è vero, accende poco l’immaginazione, forse anche perché gli elementi chimici, elettronici e meccanici che vi compaiono sono piuttosto convenzionali, e troppo scollegati tra loro per dare vita a quell’unitaria, vertiginosa fisiologia del mondo che caratterizza i capolavori di Cronenberg. Ciononostante il film ha il pregio di farci assaporare, per una volta, l’essenza della sua poetica in maniera leggera e discreta, come un distillato privo di fronzoli, di acuti cinematografici e di chiaroscuri letterari, e che semplicemente scorre, davanti ai nostri occhi, come un fumetto d’altri tempi.
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