Regia di David Cronenberg vedi scheda film
Il cervello come arma. La più potente, forse, tra quelle a nostra disposizione. Il cervello cone controllo, volontà, dominio. Questo è il potere nascosto degli Scanners. Persone che sono in grado, attraverso la loro mente, di controllare quelle altrui. Capaci attraverso poteri telecinetici di far esplodere, incendiare, scaraventare.
La mente quindi come un qualcosa capace di espandersi. Un qualcosa capace di creare contatti, stabilire connessioni. Un qualcosa in continua evoluzione e dalle potenzialità infinite.
Cronenberg si inserisce, ancora una volta, in territori oscuri e inesplorati. Là dove i labirinti della mente si fanno più intricati e difficilmente percorribili. Gli Scanners, nella società normale, sono dei disadattati. Principalmente perchè non consapevoli del proprio potere che vivono come una malattia. Le voci nella testa ne sono uno dei sintomi. Voci che non si possono azzittire. Gli Scanners sono come lastre di vetro trasparente. Non hanno difese verso il mondo esterno. La loro mente capta segnali, parole, frammenti di conversazioni. E tutto si riversa nel cervello portandoli ad una inevitabile follia.
Gli Scanners che prendono coscienza del proprio dono cercano di sfruttare al meglio le loro potenzialità. Alcuni in maniera costruttiva e altri invece in maniera distruttiva. Come sempre l’ uomo rimane in bilico davanti al potere. Sempre con il rischio di cadere e di lasciarsi andare al male e alla parte cattiva del proprio animo.
Interessante, in una sequenza, è la concezione dell’ Arte che viene data da uno degli Scanner. Questo è diventato, appunto, un artista. Tramite quadri e statute riesce a portare fuori da lui l’ inferno della sua mente. Le sue opere ritraggono uomini deformi in posizioni di sofferenza. Il suo inferno mentale trova la propria realizzazione nell’ arte, che diventa elemento catarrtico dell’ uomo. Lo Scanner, infatti, dice che attraverso le sue opere è riuscito ad annullare le voci nella sua mente e a tornare ad essere un uomo normale.
E non so perchè mi è venuto subito in mente Cronenberg.
Il film si sviluppa come un thriller dai risvolti psicologici anche se la mano del regista canadese è innegabile. Soprattutto nella composizione di alcune inquadrature dove risaltano forme geometriche o l’ asetticità di edifici industriali. Ma anche nel montaggio, al quale il regsita affida, in questo caso, notevoli evoluzioni ritmiche. Senza dimenticare gli innumrevoli momenti splatter (mai fini a se stessi, però) che sono ormai una cifra stilistica dell’ autore.
Il corpo per Cronenberg è sempre un qualcosa di malato e parassitario. Anche qui esso non riesce a sopportare, in molti casi, la forza della mente. Corpo, quindi, come gabbia. Costretto infine ad esplodere o deformarsi o bruciare perchè ormai insufficente come contenitore delle energie umane.
Anche in questo film è notevole il senso di ricerca e di esplorazione del regista canadese, anche se alcuni momenti riusultano, forse, un pò troppo di genere mentre rimane costante l’ eterna creatività di Cronenberg sempre spinto verso una concezione dell’ uomo quanto mai originale e msiteriosa.
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