Regia di Giuseppe Rosati vedi scheda film
Dramma dalle forti connotazioni etiche e morali, privo di limitazioni temporali trattando un argomento, purtroppo, sempre attuale.
Il dottor Giorgio Sironi (un bravissimo Bekim Fehmiu) durante un incidente stradale soccorre gli occupanti di un'auto, tra questi il potentissimo ingegnere Marchetti (Franco Ressel) che è in fuga, assieme a un sicario, dopo avere compiuto l'omicidio a sangue freddo del commissario De Luca (Luigi Pistilli). Mentre l'onesto testimone corre alla ricerca di un telefono, viene soccorso da una pattuglia della polizia. Ma quando la stessa si reca sul posto, dell'auto e del ferito non c'è più nessuna traccia. Il commissario Santi (Aldo Giuffré) nutre inizialmente dei sospetti sulla deposizione del testimone, sino a quando una serie di circostanze induce gli investigatori a orientare le indagini verso Marchetti, genero dell'influente senatore Turrisi (Daniele Vargas). A quel punto, appare evidente il complotto messo in atto da influenti criminali a danno delle persone oneste.
"Essere onesti al giorno d'oggi costa troppo caro. Lascia perdere, vattene da Napoli": con queste parole il sincero testimone ottiene consiglio (ben poco gradito) da parte del suo anziano professore. Nessuno, attorno a lui, contribuisce a dargli sostegno in una lotta ch'è combattuta ad armi impari, quindi persa in partenza: quella contro la corruzione e la giustizia "cieca" acquistata dai potenti.
Abbandonano il testimone, come fosse un appestato, anche le persone più fedeli (l'infermiera e il vecchio docente), mentre la moglie - con incredibile capacità precognitiva - suggerisce di "farsi i fatti propri, di non impicciarsi". E la giustizia? Citando il titolo di un bel poliziesco, "ha le mani legate". Le mani legate le ha, infatti, il commisario Santi (un qui convincente Aldo Giuffré), costretto a rivedere i sui pregiudizi iniziali con la lucidità e il disvelamento dei fatti, per avvicinarsi alla realtà proprio mentre poteri "occulti" lo rendono succube di una promozione che, al contrario di quel che appare, assume l'amaro sapore della sconfitta.
Sconfitta che regna sovrana, incontrastata, dalla parte del giusto e del caritatevole. E tra tanti perdenti - consapevoli o meno, arresi o compiacenti - il più grande sconfitto, colui che paga pur essendo nel giusto, è proprio il testimone: che resta ammutolito, immobile, pietrificato quando costretto ad assistere al brutale stupro della moglie (sensazionale, commovente, da Oscar l'interpretazione di Bekim Fehmiu). Sconfitta amara che si chiude con le parole, dolorosissime e di resa, sentenziate dal testimone pentito, costretto suo malgrado a scendere a patti, con stretta di mano, a ritrattare di fronte al "potere" rappresentato da Romolo Valli, ministro colluso con la malavita, vincitore assieme alla malagiustizia e alla corruzione.
Ne sono passati di anni, ma Il testimone deve tacere è ancora oggi un film attuale. Termina con una lucida e sconfortante battuta del giovane garzone che, dopo aver lasciato come d'abitudine la spesa sulla porta di casa del dottor Sironi, incrociando lo sguardo rassegnato della moglie si lascia sfuggire una sentenza che pesa come un macigno: "Tutto come al solito". Giuseppe Rosati (che al genere resta legato, impegnato in seguito anche sui set di La polizia interviene: ordine di uccidere, Indagine su un delitto perfetto e Paura in città) sceneggia e dirige un film che, definire poliziesco, è limitativo. Si tratta di un dramma, di un'opera che fa riflettere. La resa finale del protagonista, il triste destino che attende chi "si trova al posto sbagliato nel momento sbagliato", valorizza ulteriormente il clima di forte pessimismo, basato sulla realistica constatazione che non sempre la giustizia è uguale per tutti. Molto meno estremo di pellicole simili, ha dalla sua la forza di un cast pregevole, dove ogni personaggio trova nell'attore che lo interpreta un perfetto alter ego. E fa rimpiangere, dopo avere visto un film come questo, pensare come certi interpreti e caratteristi (Giuffré, Zamuto, Vargas e Pistilli ad esempio) siano stati, spesso e altrove, ben poco valorizzati per le loro indubbie capacità. Da segnalare anche una regia curata, professionale, che di esprime con delicati movimenti di macchina, al servizio di coordinati, efficaci, piano sequenza (all'interno delle aule di "giustizia"). Il testimone deve tacere rappresenta dunque un grande esempio di cinema, quel cinema impegnato e senza tempo che, pur in maniera malinconica, ha il coraggio di gettare uno sguardo oltre la più tranquillizzante (falsa) normalità.
Citazione
"Qui finisce la mia storia, quella del dottor Giorgio Sironi. Ogni riferimento a nomi, fatti e luoghi è puramente casuale. Ci scusiamo quindi con chi volesse identificarsi in uno dei vari personaggi. La morale però resta, come l'onestà silenziosa (quella che più conta) di cittadini, di uomini politici, di magistrati, di tutori dell'ordine che coraggiosamente, ogni giorno, continuano a difendere il nostro stato democratico..."
(Giorgio Sironi, sui titoli di coda, poco prima che le malinconiche note di Francesco De Masi prendano il sopravvento sulla parola fine).
Soundtrack (Francesco De Masi)
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