Regia di Marco Ferreri vedi scheda film
Milano. Il ricco capitano d’industria Mario, palpeggiatore seriale nel tempo libero, non si dà pace: fino a quanto è possibile gonfiare un palloncino prima che scoppi? Non c’è anima viva in giro che sappia dare una risposta scientifica al quesito esistenziale del tapino. E così, s'inizia un lungo girovagare per le strade, presumibilmente per fuggire la compagnia di quella bisbetica della Spaak, e soprattutto per aprirsi una via di fuga dal set cinematografico. Le tenta proprio tutte, Mastroianni, stranito e depresso come non mai, forse pensando agli incassi futuri del film. Prova persino un’evasione per via aerea, aggrappandosi a un mucchio di palloncini tipo il vecchietto di Up, ma viene tosto ricondotto a terra sacramentando a più non posso. Cerca allora conforto sotto le gonne di tre donzelle capitategli sotto tiro, sempre però cogitabondo, col chiodo fisso in testa di quei benedetti palloncini, ossessione che lo distrae dalla vista di altre più seducenti bocce. Torna dalla Spaak e viene da lei mollato. Sicché, disperato, probabilmente più al pensiero del fiasco che rimedierà il film che al naufragio della sua liaison con l’indisponente Spaak, si getta da una finestra, ed è la cosa più saggia in 80 minuti e rotti. Stralunatissima commedia grottesca dai risvolti drammatici del provocatore nato Marco Ferreri, ricolma di doppi sensi pruriginosi di inusitata trivialità alla Jerry Calà, con la differenza che qui non si ride nemmeno per sbaglio. C’è da sbellicarsi a pensare a quali alte metafore sul capitalismo i parrucconi della critica abbiano tirato in ballo per giustificare questo film. Ma noi, almeno una, l’abbiamo capito benissimo: quei palloni che vengono gonfiati a dismisura fino immancabilmente ad esplodere rappresentano alla perfezione la dura prova alla quale viene sottoposta la resistenza del pubblico.
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