Regia di Orson Welles vedi scheda film
La durezza del ferro che vince sul luccichio dell'oro. Questa metafora riassume il senso del passaggio epocale descritto in questo film: quello tra l'antica autorità aristocratica ed il nuovo potere imprenditoriale, e tra l'elitario prestigio dell'ozio ed il mito democratico del successo conquistato col lavoro. Alla ricchezza immobile ed immutabile del patrimonio di famiglia (la faraonica villa degli Amberson) si contrappone la fluida dinamicità delle finanze investite in attività produttive (la fabbrica di automobili di Eugene Morgan). La rovina economica in cui incorre Fanny insegna che il denaro si perde e non si è accorti negli affari ed abili nell'iniziativa. Intanto, a fronte dei moderni mezzi di locomozione, il lento incedere delle carrozze a cavalli diventa l'anacronistico cimelio di un sonnolento conservatorismo, destinato ad essere travolto dal progresso di una società in continua crescita e trasformazione. Il giovane George, rampollo viziato, che tutto possiede e nulla vuol fare (se non preservare il buon nome della famiglia) è il punto di arresto finale di una saga dinastica che, a causa della mancanza di intraprendenza, si è per sempre arenata. Le menti ristagnano se non respirano l'aria fresca del rinnovamento, ma nell'ambiente degli Amberson a muoversi sono solo i passi di danza ed i pettegolezzi. La sterile e orgogliosa inerzia di George si specchia nell'atteggiamento iperprotettivo di sua madre, ed entrambi concorrono a bloccare la strada al sentimento libero e spontaneo. L'etichetta diviene così il sigillo di un forziere vuoto di sostanze (prima morali, poi materiali). Orson Welles, in questo film, pone in primo piano il goffo spettacolo delle debolezze umane (la gola, l'isteria, l'invidia) che, con la loro indecorosa teatralità, infrangono la patina dorata del sontuoso sfondo intravisto in lontananza. "L'orgoglio degli Amberson" è la farsa involontaria che si tramuta in dramma grottesco: come può esserlo, su un palcoscenico lussuoso, uno spettacolo di obsolete marionette che reagiscono sbraitando e sgambettando al loro irreversibile declino.
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