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L'orgoglio degli Amberson

Regia di Orson Welles vedi scheda film

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La recensione su L'orgoglio degli Amberson

di steno79
10 stelle

Tutti i commenti sul film sono positivi, ma, quando si arriva alla questione delle manomissioni e dei tagli subiti (fra cui alcune scene di raccordo e il finale, non girate da Welles), si legge più o meno la seguente frase: se "L'orgoglio degli Amberson" fosse uscito secondo la versione montata da Welles sarebbe stato un capolavoro assoluto, così è soltanto un ottimo film. Eppure, in mancanza dell'altra versione, noi dobbiamo giudicare questo film, che possiamo comunque ritenere un'opera importante e ampiamente riuscita. Da un romanzo di Booth Tarkington vincitore del Premio Pulitzer, con qualche venatura autobiografica (il padre di Welles era stato un inventore e progettista di automobili, come il personaggio di Eugene Morgan), è una storia di taglio più classico rispetto a Quarto potere, ma la regia continua ad essere originale e inventiva. L'uso del piano-sequenza continua ad essere, come nel precedente capolavoro, in radicale rottura con le regole del decoupage classico e anticipa la grammatica del cinema moderno, abbinato a lunghi ed ampi movimenti della macchina da presa (bellissimo un piano-sequenza di circa tre minuti nella scena del ballo, quasi all'inizio del film, certamente una delle scene più significative dell'intera opera). Inoltre, anche qui si ritrovano immagini ed elementi stilistici che fanno pensare all'espressionismo tedesco, ad esempio l'importanza come motivo visivo della scala nelle sequenze di confronto/scontro fra Tim Holt e Agnes Moorehead. Un film che ci mostra una famiglia Americana che non riesce a stare al passo coi tempi e con il progresso industriale, e che lo fa con un tono più dolce e sfumato rispetto alla virulenza del Quarto potere, perfino con una certa nostalgia che però non suona mai falsa e semplicistica. Il personaggio di George Amberson Minafer è un tipico eroe wellesiano, tirannico ed egocentrico seppure non sprovvisto di umanità, e, nonostante la buona prova di Tim Holt (attore di western di serie B), ci fa pensare che sarebbe stato ancor più memorabile se interpretato dallo stesso Welles. Il breve finale con la notizia della guarigione di George e il ricordo di sua madre da parte di Eugene Morgan fu imposto dalla produzione e girato contro la volontà di Welles; probabilmente non è molto in sintonia con l'atmosfera del film, assai più cupa, ma non arriverei a dire che lo rovina come sostengono certi critici. All'ottima riuscita complessiva contribuiscono ancora una volta la partitura del grande Bernard Herrmann (non citato però nei titoli di coda, letti dalla voce di Welles) dai toni piuttosto minacciosi e la fotografia di Stanley Cortez che rimpiazza degnamente Gregg Toland. Nel cast, molto bravi anche Joseph Cotten, una giovane Anne Baxter e la grande Agnes Moorehead (la sua scenata isterica nel prefinale è da antologia).

VOTO 10/10

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