Regia di Otto Preminger vedi scheda film
Le prime vicende personali e belliche di una serie di personaggi all’indomani dell’attacco giapponese su Pearl Harbour (1941). Per una durata di quasi tre ore, Preminger mette molta carne al fuoco, rischiando di deludere sia gli appassionati di film di guerra che gli amanti di melodrammi. Secondo me, se la cava con mestiere su entrambi i fronti. Oltre al buon mestiere, però, non c’è molto. Il rischio di cadere nel “cliché” è costantemente in agguato, che si tratti di amori nascenti, di operazioni militari, di un padre che scopre il valore del misconociuto figlio, di rapporti virili e gerarchici in marina o di altri temi tipici dei cosiddetti “filmoni” americani di un tempo. Nel suo insieme, tuttavia, la narrazione funziona e lo spettatore non ha il tempo di annoiarsi, in virtù di un’ambientazione accurata e maestosa, di un’atmosfera esotica piena di fascino, senza dimenticare l’impeccabile fotografia in bianco e nero e la coinvolgente spettacolarità delle scene d’azione militare. A dispetto di un cast di tutto rispetto, il film scricchiola proprio sul piano recitativo. I dialoghi lasciano a desiderare, sembrano fermi alla retorica propagandistica e buonista degli anni ’40 e ’50. In particolare, la ieratica interpretazione di John Wayne appare ormai ripetitiva e superata. Kirk Douglas è senza dubbio migliore, ma non è certo al suo massimo livello. Un film che si lascia guardare gradevolmente, ma che non lascia il segno.
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