Regia di Henry King vedi scheda film
Un cavaliere solitario avanza nella notte, in sella ad un cavallo nero la sua figura è un ombra indistinta che non ammette repliche né intromissioni, insegue quattro balordi che gli hanno violentato e ucciso la moglie, due bianchi, un meticcio e un indiano, li raggiunge dopo un lungo viaggio ma un destino beffardo gli nega il piacere della vendetta.
I banditi sono infatti rinchiusi nella prigione di Rio Arriba e aspettano di essere giustiziati, Jim Douglass (Gregory Peck) si deve accontentare di un breve incontro, le sbarre della cella gli impediscono il contatto diretto con la feccia che gli sta davanti ma l’odio che traspare dai suoi occhi vale più di mille parole.
Ovviamente l’esecuzione non verrà mai eseguita, grazie ad un complice i quattro fuggono nella notte portandosi via una giovane ragazza del paese, Jim li insegue di nuovo accompagnato dal padre della ragazza, dal vicesceriffo e da altri cittadini, stavolta non ci saranno impedimenti, né limiti di legge, verrà fatta giustizia e la sua anima tormentata troverà finalmente la pace.
Ma a volte la verità è ingannevole e crudele, alla fine del viaggio non ci sarà soddisfazione per Jim Douglass ma solo il rimorso e la ricerca del perdono.
Henry King con Bravados firma un western sorprendente, anomalo e classico allo stesso tempo, costruito in gran parte su topoi rigorosi che sfruttano tematiche basilari del genere (la violenza, la caccia all’uomo, la vendetta), ne stravolge di colpo il contesto dando spazio all’inusuale elemento religioso, chiave di lettura atipica ma centrale nella storia tratta dall’omonimo romanzo di Frank O’Rourke.
La vendetta di un uomo corroso dall’odio diventa l’occasione per una riflessione acuta e profonda sul senso della giustizia e sulla verità che si nasconde dietro apparenze di limpida chiarezza ma di mutevole forma, la caccia serrata di Douglass è un viaggio di sola andata nel cuore di un anima nera come la pece, sconvolta dal dolore e decisa a non fermarsi davanti a nulla.
La notevole messa in scena di Henry King scava nel profondo il volto di un protagonista sofferto e ambiguo, presentato come un cavaliere solitario che vaga in sella al suo cavallo sullo sfondo di un cielo plumbeo, l’avanzare dell’animale e il rumore degli zoccoli sul selciato sono come i rintocchi di una campana a morto, Jim Douglass si crede portatore di una giustizia divina (nonostante rifugga quel Dio che ha permesso l’atroce morte della moglie), ma la sete di vendetta gli impedisce di cogliere sfumature fondamentali e rivelatrici.
La rappresentazione della violenza è cruda e diretta, nelle sequenze delle esecuzioni dei fuggitivi, in quella dello stupro della ragazza, che pur se fuori campo non va troppo per il sottile, uscito nel ’58 Bravados propone una struttura molto realistica che anticipa il western più crepuscolare che seguirà negli anni a venire.
Dopo l’inevitabile via crucis di una vendetta improrogabile, il film cambia scenario e mette il suo protagonista di fronte alla verità, un colpo di scena che stravolge la compattezza di un uomo che non aveva dubbi e che invece si ritrova sopraffatto dai sensi di colpa.
Qui entra in scena la tematica religiosa che fin dall’inizio, strisciante come un serpente, si insinuava tra le pieghe di un plot ricco di azione ma anche di un solido approfondimento psicologico, caratteri ambivalenti, figure descritte con luci ed ombre, difficili da inquadrare e giudicare, in questo caso non bastano le facce da galera di Lee Van Cleef e Henry Silva per fare dei villain a tutto tondo, o meglio, non bastano per giustificare delle sentenze di morte che hanno il sapore amaro di un giudizio umano e quindi fallibile.
Douglass si fa giudice, giuria e boia ed emette il suo verdetto di morte, punisce tre dei quattro balordi ma non troverà sollievo ai suoi tormenti, a questo punto spaesato e senza più appigli cercherà conforto in quella fede a cui aveva voltato le spalle, unica strada per placare i suoi sensi di colpa.
Uscito dalla chiesa con in braccio la sua piccola figlia e la donna che probabilmente prenderà il posto di sua moglie (Joan Collins) viene acclamato dalla folla del paese come l’eroe che ha portato finalmente giustizia, lo sceriffo gli chiede cosa può fare la cittadina di Rio Arriba per sdebitarsi e Douglass, mai cosi consapevole, risponderà “pregate per me”.
Strepitoso Gregory Peck, solidissima la regia di Henry King, bellissima la fotografia impreziosita dal VistaVision di Leon Shamroy (4 premi Oscar vinti per Il cigno Nero, Wilson, Femmina folle e Cleopatra), unica pecca di questo western rigoroso e cattivo l’immancabile intermezzo sentimentale, per fortuna appena accennato.
Voto: 7.5
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