Regia di Vincente Minnelli vedi scheda film
Biografia sentita e per niente effettata del pittore fiammingo Vincent Van Gogh filmata da Minnelli con grande senso del colore come fino ad allora in pochi avevano saputo fare ad Hollywood.
L'idea di creare un parallelismo fra paesaggi e volti ritratti dal pittore e i frames funziona a meraviglia ed usando la telecamera il regista ebbe modo di raffigurare la matrice dell'opera per poi annettere non solo il quadro ma anche l'autore di esso e con la fantasia e l'immaginazione riferire sul possibile stato d'animo che lo animava nel momento della stesura degli oli e le tempere che hanno preso forma sui tanti capolavori realizzati dal tormentato pittore olandese che come noto lottò per tutta la sua esistenza con la solitudine e una ingiustificata indifferenza nei confronti delle sue opere tanto che fin quando rimase in vita vendette un solo quadro, il "Vigneto Rosso" per 400 franchi come riportato verso la fine.
La riuscita del film si deve molto ad un toccante Kirk Douglas nel ruolo di Van Gogh, caratterizzato da smorfie e tormenti dell'anima con il giusto dosaggio del suo impagabile istrionismo ed una pertinente affinità somatica che rendono ancor più credibile la sua prova premiata con una candidatura all'Oscar che purtroppo non arrivò nel suo pugno, lo vinse invece Anthony Quinn per la sua calibrata raffigurazione dell'amico Paul Gauguin spesso erroneamente catalogata ai soli otto minuti di running time ma in realtà la sua presenza nel film tocca i ventidue minuti e quaranta secondi, può anche dirsi meritato questo premio ma in un film che narra la vita di un pittore premiare l'attore che fa la sua controparte artistica è alquanto paradossale e irriverente nei confronti del protagonista che in questo caso è un grande Kirk Douglas.
Il racconto è denso e scorrevole e i cromatismi caratterizzano in maniera significativa i blocchi narrativi: l'inizio a tinte scure sottolinea la condizione forzata di predicatore che Van Gogh intraprese prima di dedicarsi attivamente alla pittura, le donne che ha amato o provato ad amare hanno sempre un abito nero che sottolinea il loro mistero irrisolvibile per Van Gogh, il grigiore della complicata vita coniugale nella casa piena di busti in gesso inultimati e fogli bianchi coperti da schizzi in carboncino nero apre il sipario all'esplosione di colori che caratterizza l'affermarsi del talento di Van Gogh durante la realizzazione dei sui quadri più famosi che ci sono in pratica tutti, a volte nella loro raffigurazione nuda e cruda attraverso inserti nel montaggio o come già accennato durante la loro creazione che viene filmata come in tempo reale, "La notte stellata sul Rodano" nel periodo di massima espressività o "Il Falciatore" quando era ricoverato in un manicomio e le sue crisi nervose cominciavano ad essere incontrollabili.
La notte stellata sul Rodano
Il falciatore
La sequenza che non può mancare nel biopict di Van Gogh è quella della mutilazione dell'orecchio sinistro che nel 1956 non poteva essere cancellato con un effetto CGI, si sa che far sparire un arto o una cartilagine nel cinema non è facile e allora Minnelli sistemò il tutto con un urlo fuori campo e il fiotto rosso del colore sul volto straziato dalla mimica perfetta di Douglas che da quel momento in poi è sempre inquadrato dal lato destro o in situazioni più movimentate è ben attento a non scoprire il fianco a volte anche impallato dalla folla o qualche comparsa, l'effetto sembra riuscito tanto che un giovane Michael Douglas e suo fratello fuggirono terrorizzati e urlanti dal teatro dove stavano assistendo al film convinti che loro padre si fosse veramente reciso un orecchio.
Una delle tante immagini del film girate da Minnelli nei luoghi in cui Van Gogh visse e dipinse veramente, in questo caso durante la realizzazione di Il ponte di Langlois
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