Apprezzabile biografia di Vincent van Gogh, raccontata da un regista che conosce a menadito le regole del mestiere. Il film è diviso in quattro parti corrispondenti ad altrettante fasi della vita e dell’opera del pittore olandese. Nella regione belga del Borinage, nota per le sue miniere di carbone, van Gogh inizia a cimentarsi con il disegno, ritraendo lavoratori poveri ed estenuati, condizioni di vita inumane, lutti e miserie. Il colore predominante è il nero. Segue il periodo della Bretagna, dove l’artista vive a ridosso della benestante famiglia e instaura un rapporto intimo e confidenziale con il fratello Théodorus. La sua tecnica pittorica si evolve e la sua concentrazione sul lavoro diventa quasi maniacale. Alberi, campi, contadini, paesaggi: i colori predominanti diventano l’azzurro e il verde. Insoddisfatto, van Gogh lascia moglie e figlio per trasferirsi a Parigi, dove non riesce ad integrarsi nel mondo artistico pur continuando a realizzare quadri in maniera ossessiva. Il colore predominante è il rosso, che ben rappresenta il fasto e la lussuria della capitale francese. Qui incontra il pittore impressionista Paul Gauguin, che svolgerà un ruolo fondamentale nella sua vita. La parabola terminerà ad Arles, in Provenza, dove van Gogh decide di stabilirsi per portare a compimento la sua ricerca di perfezione cromatica. Vi realizzerà le sue opere più note e il colore centrale è il giallo, quello dei celebri girasoli e della luce del sole che costituirà l’unico sollievo nella sua mente ormai sconvolta dalla depressione. In breve tempo, arriviamo al fin troppo ricordato taglio dell’orecchio e al suicidio. Il film di Vincente Minnelli fu girato prevalentemente nei luoghi in cui si svolse la vita di van Gogh, quindi tra Olanda, Belgio e Francia. Numerosi musei e collezioni private misero a disposizione del regista le opere autentiche del pittore, consentendo in tal modo alla pellicola di presentare un’avvincente e realistica carrellata di capolavori. Come altre volte nel corso della sua carriera, fu lo stesso Kirk Douglas a volere intensamente che il ruolo gli fosse affidato. Una scelta fortunata per la sorprendente somiglianza esistente tra l’attore e il pittore, ma non altrettanto convincente per i risultati ottenuti. Può accadere e secondo me qui accade che una sincera passione nei confronti di un personaggio finisca per enfatizzarne eccessivamente l’interpretazione. Kirk Douglas ce la mette tutta, ma cade in uno stile recitativo troppo teatrale e declamatorio. Comprendo invece la decisione di assegnare ad Anthony Quinn l’oscar del 1957 come miglior attore non protagonista. Non ho idea di quanto la sua incarnazione di Paul Gauguin sia realistica o attendibile, ma le scene in cui i due attori si confrontano sono tra le più riuscite e ho avuto la sensazione che Anthony Quinn surclassasse il suo interlocutore. Come detto sopra, la prima parte del film si svolge nel Borinage e, in termini di ricostruzione storica e ambientale, è indubbiamente la più interessante. Minnelli e la sua troupe si insediarono per alcune settimane nei luoghi in cui van Gogh soggiornò dal 1878 al 1880, coinvolgendo tutta la popolazione locale nelle riprese. I bambini che vi parteciparono sono oggi anziane signore e attempati signori, spesso dai cognomi italiani. Sono stati chiamati a partecipare alla mostra dedicata alla realizzazione del film, che si svolge attualmente e fino al 17 maggio 2015 nella città di Mons, quest’anno capitale europea della cultura insieme a Plzen nella Repubblica Ceca. L’evento è evocato in un bellissimo quanto invisibile documentario trasmesso lo scorso 23 febbraio dall’emittente pubblica franco-tedesca ARTE, al termine della proiezione di questo importante film di Vincente Minnelli.
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