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Cento giorni a Palermo

Regia di Giuseppe Ferrara vedi scheda film

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La recensione su Cento giorni a Palermo

di lamettrie
8 stelle

Decisamente un film istruttivo. Semplice, anni’80 e quindi affine a tanti beceri modelli commerciali; comunque, questo film di Ferrara va visto assolutamente.

Di lui sulla mafia (non disprezzando neppure “La piovra”, che ebbe il merito di far conoscere in modo serio un argomento che sino ad allora doveva restare tabù per la plebe), io preferisco “Il sasso in bocca”, che fa conoscere molte cose che altrimenti restano ignorate ai più su un tema che è di priorità assoluta nel bagaglio culturale di un italiano, e non solo, quale è la criminalità organizzata in Italia.

Ad ogni buon conto il film è didascalico, schematico, in un certo senso prevedibile, recitato alla grossa da molti comprimari (anche se Ventura e la De Sio meritano i soliti elogi); ma, come si è detto, utilissimo. Infatti narra di un soggetto importante, osceno, potentissimo nella sua influenza su politica ed economia,  da debellare in toto; e lo fa con lodevolissimo realismo.

Soprattutto passa il messaggio di fondo: lo stato non ha mai voluto combattere la mafia: infatti la mafia serve allo stato per i voti del sud, quel quarto almeno di Italia senza la cui pioggia  di voti (quantificabili anche in milioni!!!) non si può avere il governo, a livello locale e nazionale; senza i cui voti non si possono gestire tutti quegli immensi soldi che passano attraverso lo stato. Il film lo mostra: lo stato deve far finta di combattere la mafia, ma deve togliere ogni efficacia a chi la combatte. La mafia deve vincere, lo stato deve perdere: questa è stata la politica dello stato sulla mafia, ma la politica occulta. Infatti la versione ufficiale deve far credere agli italiani che lo stato si serve di tanta brava gente, piena di dedizione al bene pubblico, che però guarda caso finisce ammazzata. Ma è ammazzata non per colpa di inadempienze dello stato, ma solo per la forza di questo fenomeno mafioso, che lo stato comunque avversa con ogni forza, onorando anche i martiri caduti per tale causa. La storia però dimostra che tale refrain è solo una gran balla. Per eliminare la criminalità organizzata al sud, se lo si volesse, basterebbero due leggi serie (che però già ci sono, in parte), tali che quei magistrati non collusi con la mafia (purtroppo non tutti si sono dimostrati tali) potrebbero applicare senza loro rischio. In qualche mese, pochissimi anni nel peggiore dei casi, la mafia finirebbe distrutta. Ma finchè la classe dirigente italiana  continua ad aver bisogno dei voti che i mafiosi danno, con la minaccia reale, tradizionale, nobiliare e secolare, della morte fisica o della morte per povertà (dato che senza tali voti il governo è perduto): beh, allora l’Italia continuerà ad essere un paese dove i delinquenti si arricchiscono, e quelli che non vogliono essere criminali abituali stano sempre peggio.

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