Regia di Wes Craven vedi scheda film
Kitsch, grottesco, ridondante, magnificamente indefinibile, erroneamente scambiato per film horror.
Non esiste nessuna pellicola che gli assomigli, nessun plot che gli si avvicini, pochissimi altri film di Craven che lo superino. Possiamo chiamarlo un superbo miracolo di commistioni; tra cosa, è difficile dirlo. “La casa nera” è dramma sociale, fiaba nerissima, a tratti commedia, storia d’amore e film d’azione. Certo, l’horror ha un suo non trascurabile spazio. Ma si tratta di un orrore che conduce sapientemente lo spettatore alla pietà, non al terrore.
In altre parole questa volta Craven, prendendo le distanze da tematiche e assunti di certi suoi precedenti capolavori quali “Nightmare” (1984) e “Il serpente e l’arcobaleno” (1988), rinuncia alla paura. O per meglio dire, rinuncia a scavare nei recessi ancestrali dai quali ha origine il terrore più puro, quello che troviamo nelle due pellicole appena menzionate.
Non viene certamente meno la tensione, che è serrata e costante, così come non mancano lo stupore e lo sconcerto derivanti dai continui e sbalorditivi cambi di registro, l’accumulo dei quali rende la pellicola un vero e proprio unicum.
Tra colpi di scena a raffica, trappole e corridoi angusti, spazi bui, rumori sinistri, scorciatoie e segreti accessi, Craven – dopo il primo film della serie di Freddy Kruger – ci mostra di nuovo un male deviato e malatissimo che si nasconde (stavolta letteralmente) sotto la superficie del perbenismo della middle class. Qui, in particolare, vi sono nuclei famigliari abnormi e impossibili celati dietro l’impeccabile facciata di quelle (apparentemente) tranquille villette baciate dal sole in altrettanto tranquilli quartieri di periferia.
Pur prendendosi meno sul serio, ma non rinunciando affatto (come sua consuetudine) alla violenza, il regista spalanca ancora una volta le porte dell’oscuro e, ancora una volta, regala grande cinema.
Non vi è più la dimensione del sogno, bensì quella domestica, se possibile ancora più incomprensibile e mostruosa.
Un film cattivo davvero, nonostante il lieto fine un tantino lezioso.
Tour de force adrenalinico che non lascia scampo, graziato da preziosissime e ingenti dosi di ironia.
Gran cult.
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