Regia di Wes Craven vedi scheda film
Tra fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 Wes Craven non se la passava molto bene, dopo l’ottimo successo di Nightmare (’84) la sua produzione si era fatta dispersiva e poco efficace dal punto di vista commerciale, il regista cercava di ricreare l’alchimia vincente che aveva permesso a Freddy Krueger di diventare un icona horror ma tra tentativi televisivi e film poco incisivi non riuscì mai nell’impresa.
Sotto Shock (’89) fu forse la pellicola che per caratteristiche poteva meglio adattarsi ad una riproposizione seriale ma il film, nonostante il basso budget e un incasso in proporzione più che dignitoso, non raggiunse la popolarità necessaria per lanciare un nuovo fenomeno cult, Craven rimase ancora una volta a bocca asciutta.
La casa nera (The people under the stairs) esce nel 1991 e sulla carta non aveva nessuna ambizione particolare, anch’esso prodotto con limitate risorse economiche si sviluppa su un plot dalla doppia anima, da una parte si predilige uno sviluppo horror grottesco, ironico e chiaramente eccessivo e dall’altra si esplicita una critica sociale tanto palese quanto diretta e mirata.
Per una volta l’elemento mitologico della casa (un classico nel genere) non viene utilizzato per raccontare la solita vicenda della magione infestata popolata da presenze estranee, fantasmi o maledizioni di vario genere e natura, Craven pur mettendo in scena una vicenda dall’estetica forzatamente irreale (in questo i rimandi agli incubi Kruegeriani sono evidenti) segue un binario orrorifico contemporaneo e concreto.
Insomma, i cattivi non sono entità “altre” ma una coppia di pazzi assassini che hanno fatto della loro abitazione un covo degli orrori dove coltivare insane passioni, disprezzo per le minoranze, bramosia per il denaro e naturalmente i loro istinti omicidi, il tutto condito da probabili atti incestuosi e cannibalici.
I Robeson sono una coppia (fratello e sorella) di pazzi scatenati che rapiscono bambini alla ricerca del “figlio” perfetto, quando scoprono che il rapito non risponde alle loro esigenze (non parlare, non guardare, non sentire, il diavolo ti osserva!) lo buttano in cantina, spesso mutilato, e lo trasformano in una specie di animale primitivo dalle chiare connotazioni zombesche.
Ma i Robenson sono anche quelli che con speculazioni immobiliari tentano di togliere le case alla povera gente di colore del ghetto, per cui una spedizione di ladri da strapazzo (c’e anche Ving Rhames) decide di introdursi nella casa dei due bianchi alla ricerca di un fantomatico tesoro in monete d’oro.
Li segue un tredicenne di nome Dexter ma da tutti ribatezzato “il folle” (fool), nessuno dei tre ovviamente ha la minima idea di dove sta per cacciarsi, se ne accorgeranno quando prima di incontrare gli schizzati Robeson si troveranno ad affrontare un rottweiler gigantesco di nome Prince, famelico e incazzato quanto basta, non sarà un incontro piacevole ma il peggio arriverà solo in seguito.
Craven gira un film che fin dall’incipit (la lettura dei tarocchi) si inserisce in una dimensione quasi fiabesca, un favola gotica contemporanea dove il lupo cattivo è un uomo in tuta sadomaso che gira per casa armato di fucile, mentre la brutta strega è una fanatica religiosa che odia i neri e uccide senza pietà, questa scelta stilistica è caratteristica del film e il senso di irrealtà molto accentuato.
La casa nera è un horror eccessivo dove tutto è sopra le righe (storia, personaggi, narrazione), dove la sceneggiatura dello stesso Craven spesso stempera i toni con battute micidiali e dove il ritmo la fa da padrone, una volta che i protagonisti entrano nell’antro della coppia killer il senso del tempo si perde e il regista si sbizzarrisce nella messa in scena di un divertente gioco gatto/topo (anche se spesso i ruoli si invertono).
Il contesto ambientale, cupa e labirintica manifestazione di un follia fuori controllo, diventa lo scenario naturale per raccontare il puro orrore, bambini e ragazzi menomati in fuga tra le intercapedini dei muri inseguiti da un rottweiller infernale o dai colpi di fucile del borghese uomo mascherato, nonostante il budget risicato il lavoro sulle scenografie è ottimo e senza dubbio le parti migliori del film si svolgono nelle lunghe scene di inseguimento, sequenze dove Craven può ben mettere a frutto il suo talento visionario.
Certo, la pellicola non è esente da difetti (schematica e a volte ripetitiva), naturalmente non ci troviamo di fronte ad una delle migliori opere del regista americano ma in questo caso la forzata deriva grottesca conferisce al film un impronta precisa e caratteristica, Craven ha girato esattamente il film che aveva in mente, un horror che diverte ma che non rinuncia ad esaltare una critica sociale che colpisce duro la falsa moralità e l’ipocrisia della società americana, una messaggio forse troppo diretto e "poco articolato" ma che in un contesto del genere ci sta benissimo.
Un Craven minore da non disprezzare, bravi Everett McGill e Wendy Robie nel ruolo dei fanatici Robeson.
Voto: 7
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