Regia di Robert Clouse vedi scheda film
Il maestro Lee viene interpellato dal servizio segreto inglese per indagare sulle attività di Mr. Han, un losco uomo d’affari una volta allievo del tempio Shaolin, a margine di un torneo di arti marziali che si volgerà sull’isola di proprietà dello stesso; inaspettate motivazioni personali lo spingeranno ad accettare la sfida.
Uno dei film mitici per antonomasia, questo “Enter the Dragon” non mantiene tutte le premesse iniziali; l’eccezionale apporto del compianto Bruce Lee cozza con una sceneggiatura a volte confusa, con un paio di “buchi” (tra gli altri) a mio avviso eclatanti. Il primo nella parte iniziale, quando viene rilevato a Lee che uno scagnozzo di Han sarebbe l’artefice della morte della sorella, anch’essa allieva del tempio, datasi la morte per non essere violentata; com’è possibile che lo scoprisse solo allora ? Quale spiegazione gli era stata data sulla sua morte, visto che lui visitava spesso il cimitero della sua congiunta ? La seconda nella parte finale: Lee, dopo aver chiesto soccorsi con il telegrafo, sbaraglia le le numerose guardie a difesa dei sotterranei, prima di essere intrappolato da Han in una stanza (grazie a due robuste porte d’acciaio). Nella sequenza successiva, incredibilmente, Lee viene condotto nell’arena con le mani legate…Chi è entrato nella stanza per catturarlo ?. Ma soprattutto, chi è riuscito a farlo, tenuto conto della sua letale perizia nelle arti marziali ? Nessuna spiegazione ci viene data ed è un vero peccato. Il film, infatti, al netto di questi difetti e di una trama non eccezionale, offre sequenze e situazioni molto stimolanti: la stuzzicante aria “blaxploitation”, l’ottima colonna sonora seventies di Lalo Schifrin, la suggestiva sequenza di avvicinamento sulle canoe dei tre protagonisti (con flashback esplicativi sulle loro motivazioni) nello squallore del paesaggio urbano e, soprattutto, sugli eccezionali combattimenti. Le coreografie marziali (dello stesso Lee), infatti, sono la parte migliore e spettacolare dell’intera pellicola e ci offrono un vasto campionario delle straordinarie doti del compianto Bruce (ma pure degli altri interpreti), con la loro resa realistica (i trucchi digitali erano ancora fantascienza) ma anche, in alcuni casi, psichedelica (la lotta tra Han e Williams e il lungo scontro finale). Un lavoro, in definitiva, (giustamente) sopravvalutato ma godibile, che ci permette di apprezzare ancora una volta un’icona immortale del cinema marziale.
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