La conclusione amaramente a sorpresa de Il braccio violento della legge, imponeva già dalla fine del famoso ed eccelso film capostipite, che ci si concentrasse su una svolta dignitosa da regalare al personaggio di Jimmy "Papà" Doyle, rimasto a bocca adciutta nonostante le fatiche e le tensioni legate al suo tentativo di arrestare l'astuto contrabbandiere di droga francese Alain Charnier.
Pertanto qualche anno dopo le vicende originarie, ritroviamo Doyle a Marsiglia, città d'origine del traffico di eroina pura che aveva impegnato il massiccio ed integerrimo agente newyorkese.
A riceverlo, senza troppi complimenti, è il commissario Henri Barthélémy, specializzato a stanare trafficanti di droga, ed impegnato a risalire alle tracce del misterioso Charnier, volatilizzato anni prima a N.Y. in fase di arresto.
Ma presto o tardi il nostro Papà, rimasto in silenzio anche per le grane che gli sono derivate dall'aver ucciso cinque uomini (tra cui erroneamente un collega) durante la fase di cattura del marsigliese, si accorge di costituire da esca posta dalla polizia francese per far abboccare l'astuto imprendibile criminale. Che infatti fa rapire Doyle, drogandolo a tal punto da renderlo tossicodipendente, e cercando di portare avanti un altro grande ed oneroso affare.
Sarà un'altra missione impossibile per Doyle, anzi un vero calvario anche dal punto di vista fisico, suo malgrado costretto a fidarsi del suo collega francese, e invischiato in una lotta senza tregua che lo vedrà trovare soddisfazione solo alla fine, dopo un inseguimento non troppo meno concitato di quello che rese grande il film originario.
La regia di questo inevitabile sequel del famoso film di Friedkin, passa di mano al bravo cinesta John Frankenheimer, non meno disinvolto del gran maestro di cui sopra nel saper rendere efficaci scene d'azione particolarmente concitate.
La bravura di Gene Hackman nel tornare sul personaggio tormentato e controverso di Doyle, che probabilmente ispirerà altri personaggi di poliziotto duro o folle come quello di Mel Gibson in Arma Letale, qui devastato dalla droga inflittagli a forza e resa drammatica da scene d'un realismo che ancor oggi lascia di stucco ed impressiona, ed il carisma di uomo del male da manuale ad un personaggio a cui Fernando Rey riesce a dare un tocco speciale, se non unico, rendono questo sequel un qualcosa di più che una semplice routine, finendo per conferire allo spettatore quel senso finale (invero assai tardivo) di soddisfazione che la dura vicenda finisce per svelare davvero quasi oltre il tempo massimo consentito.
Splendida l'ambientazione marsigliese, ove il disordinato caos tentacolare della città nota internazionalmente anche per la sua malavita, diviene un capo saldo in grado di dare un carattere tutto suo a questo ottimo sequel dignitoso e concepito con la massima professionalità.
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