Regia di Guy Hamilton vedi scheda film
La brillantezza è finalmente fornita di un contrappeso spettacolare e tensivo, giocando sui feticci folklorici dei Caraibi e degli afroamericani.
Il settimo episodio di 007, sceneggiato da Tom Mankiewicz adattando il romanzo omonimo di Ian Fleming, sbloccò l'impasse di idee degli autori della saga con un nuovo prototipo di James Bond, più sornione e più belloccio, incarnato dal britannico Roger Moore (già noto al grande pubblico grazie a una serie televisiva dalle atmosfere assai "bondiane" come Attenti a quei due), perché dopo il passo falso con George Lazenby i due produttori Harry Saltzman e Albert R. Broccoli decisero di puntare su un volto celebre. Diversi spunti provengono dai capitoli precedenti e l'intreccio si sfilaccia, ma la brillantezza – sempre alta – è finalmente fornita di un contrappeso spettacolare (l'elettrizzante triplo incipit, l'uso di molteplici mezzi di trasporto) e tensivo (il serpente nella toilette), giocando sui feticci folklorici dei Caraibi e degli afroamericani (in un'epoca di successo della blaxploitation), con riti tribali per assoggettare la popolazione ignorante da parte di un terribile trafficante di colore con doppia personalità (Yaphet Kotto, un cattivaccio di stoffa), che tiene in pugno una graziosa cartomante (Jane Seymour) ed è coadiuvato da un assistente dotato di letale uncino. Fra le sequenze di movimento, un salto di trenta metri di un motoscafo guidato dal protagonista fra le paludi della Louisiana, tra paurosi coccodrilli e un fulvo sceriffo yankee (Clifton James) che fa schiattare dalle risate. Riconfermata la bravura del veterano Guy Hamilton dietro la macchina da presa.
Live and Let Die di Paul McCartney e gli Wings, favolosa title track, è a corredo dei titoli di testa "fiammeggianti" di Maurice Binder. Solo per questa volta, la musica è scritta da George Martin (storico produttore dei Beatles) e non da John Barry.
Voto: 7 — BUON film
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