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Bella di giorno

Regia di Luis Buñuel vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Bella di giorno

di laulilla
9 stelle

L'inconscio e le paure in un film elegantissimo

La bella Sévérine (Catherine Deneuve), già bambina insidiata e, forse, abusata, vive la vita sessuale col marito Pierre (Jean Sorel) – affermato medico parigino – con profondo disagio, probabile spia di un senso di colpa mai rimosso, che rischia di avvelenare il rapporto con lui.

La donna è infelice, frigida, ha pulsioni masochistiche, che la attraggono e insieme la turbano, perciò non osa parlargliene.
Ha sogni ricorrenti e inquietanti che rivelano da subito sia la sua insoddisfazione per la scialba e incolore vita che il marito le prospetta, sia il disagio crescente per la paternalistica e paziente comprensione di lui.

La realtà di Sévérine è quella che un amico del marito, Husson (Michel Piccoli), ha ben intuito: dietro l’algida bellezza, l’infelice nasconde inconfessabili desideri sessuali, dei quali ha paura.

Sarà proprio Husson a indicarle una via d’uscita, lasciandosi sfuggire, con apparente nonchalance, l’indirizzo di una casa di appuntamenti, prontamente intercettato da lei che ci andrà esitante, per trovarvi – prostituendosi – le risposte che cercava, rendendo forse più sereno in futuro il rapporto con Pierre.

Col nome fittizio di Bella di giorno, Sévérine per un po’ sarebbe riuscita a celare a tutti la sua doppia vita, finché, per effetto della passione violenta (e ricambiata) di Marcel (Pierre Clémenti) – cliente della casa, nonché malavitoso che la vorrebbe solo per sé – la sua vita familiare ne sarebbe stata coinvolta.
Marcel le piace molto per la brutalità istintiva del suo approccio amoroso, ma non costituisce per lei un’alternativa possibile a Pierre, non solo perché la donna ha compreso che amore e piacere si possono tenere separati, ma perché non intende affatto barattare la rispettabilità borghese, che il marito le assicura, col ruolo della donna di un gangster.

La violazione della legge non scritta dell’ appartenenza sociale è, quindi, davvero, ciò che non può essere tollerato: Husson, attraverso i cui “buoni uffici” era avvenuta la “liberazione sessuale” di Sévérine, decide di parlarne a Pierre solo quando comprende che la trasgressione di lei ha passato il limite accettabile negli ambienti che contano fra i borghesi parigini.
L’ambiguo “lieto fine” non può illudere che la crisi si sia risolta: Pierre ha aperto gli occhi e si è sbloccato, dopo il colloquio con Husson, ma i sogni inquietanti di Sévérine persistono: la vita “normale” non le piace, se non per i vantaggi prestigiosi che gliene possono derivare.

 

Buñuel tratta un tema alquanto scabroso con un’eleganza ineguagliabile, ciò che impedisce alla torbida materia rappresentata di debordare nella volgarità. Molte delle scene più discusse e famose, che hanno dato adito a mille interrogativi e a mille risposte sono, secondo me, da ricondurre al gusto simbolista e surrealista del grande regista e forse richiedono spiegazioni abbastanza semplici: il contenuto della scatola nera del cliente orientale, è allusivo dell’oscurità del nostro inconscio, che non dobbiamo temere (no paura, ripeterà l’uomo più volte alle prostitute che rifiutano di incontrarlo), anche se ci ricorda la nostra animalità (il ronzio da insetto petulante e insidioso che proviene dal suo interno).
La sessualità priva di inibizioni, in cui violenza, piacere e tenerezza si fondono, trasforma l’amore in un potentissimo strumento di conoscenza di sé e del mondo, non alla portata di tutti (Che cosa ne sai tu?, dirà Sévérine alla cameriera che la compiange per l’incontro appena concluso).
L’invito a non avere paura si ripeterà più volte ed è forse la chiave di lettura più importante di tutto il film. Grande film, interpreti indimenticabili.

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Recensione pubblicata su Mymovies il 30 novembre 2010 e, con qualche variazione di poco conto, riscritta per questo sito.

 

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