Regia di Jacques Demy vedi scheda film
Roland è stanco della propria vita, si fa licenziare e trascorre del tempo al bar di una donna che aspetta da sette anni il ritorno del figlio. La sua vecchia amica Lola mantiene se stessa e il suo bambino ballando in un cabaret. Le loro strade si rincontrano dopo quasi quindici anni, toccandosi anche con quelle della quindicenne Cécile e di sua madre e del marinaio americano Frankie: la ronde sentimentale non può che riservare sorprese, amare e imprevedibili come la vita (perché al cinema tutto è perfetto). Ah, che cosa disgraziatamente dolce è il primo amore.
Primo film del fin troppo dimenticato Jacques Demy è, non a caso, una dichiarazione d’intenti su una certa idea di cinema che da una parte è figlia (forse non riconosciuta) della Nouvelle Vague (di cui è un perfetto testimone, per quanto autonomo) e dall’altra prende Max Ophuls come punto di riferimento per tracciare il racconto di una mezza dozzina di anime sole alla perpetua ricerca dell’amore. Ogni personaggio si sfiora senza mai trovare una stabile connessione alle vibrazioni del prossimo, mantenendo un distacco che è paura del futuro (la madre di Cécile incapace di fare i conti con un passato accantonato e di provarci con Roland anche solo per divertirsi), diffidenza verso le ragioni del cuore (Roland che non ha mai dimenticato il primo amore e che non vede altra soluzione al di fuori della partenza), illusione del ritorno (Lola che aspetta l’amato Michel da sette anni) ed impossibilità naturale (la giovane Cécile ingenuamente invaghita del marinaio Frankie), come se qualunque alibi sia buono per evitare di soffrire ancora.
La storia è molto tenera nonostante sia abbastanza struggente come solo il ricordo di un primo amore sa essere: il tono di Demy non è mai mieloso né compassionevole, ma attento, libero, sincero, come se tra l’autore, gli attori e lo spettatore venga a crearsi una sorta di rete della fiducia che li lega in nome della narrazione. È peculiarità di questo regista così cordiale e vitale, come si avrà modo di vedere nel capolavoro Les Parapluies de Cherbourg (attenzione a quante volte viene nominata Charbourg in questo film, e attenzione a Roland, che compare in entrambe le storie col medesimo personaggio), musical senza dialoghi quanto invece Lola è musical di soli dialoghi (ad eccezione della canzone interpretata dalla protagonista, musicata dal fido Michel Legrand e scritta dalla moglie di Demy, Agnes Varda: nelle intenzioni sarebbe dovuto essere anche questo un musical, ma problemi di budget lo impedirono).
Cast diretto benissimo, specie Marc Michel (Roland) e Elina la Bourdette (la madre di Cécile), ma la stupenda Anouk Aimée è leggendaria in un ruolo che vale una carriera (e si capisce perché Roland perda la testa per lei). Il negativo bruciò a causa di un incendio e solo grazie alla tenacia della Varda è tornato all’antico splendore in una nuova copia restaurata.
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