Regia di Giuseppe De Santis vedi scheda film
Il miglior film di Giuseppe De Santis, una bellissima pagina del neorealismo italiano, in cui si mescolano altresì melodramma e genere “noir”, soprattutto nel tesissimo finale. Personalmente, “Riso Amaro” non poteva lasciarmi indifferente, avendo io avuto una nonna mondina, prima della Prima guerra Mondiale, proprio nel Vercellese e nel Novarese. In vecchiaia, camminava piegata a 90 gradi, sorreggendosi su due bastoni e lamentava dolori ininterrotti alle gambe. Vedendo le mondine al lavoro in questo film, si capisce tutto. “Riso Amaro” è un film di corpi di donne, di corpi massacrati dalla fatica, piegati per otto ore al giorno in cambio di poche lire e un sacchetto di riso. Torna alla mente il Monicelli de “I Compagni”... No! Queste lavoratrici soffrono ancora di più e sono ancor più sfruttate. Eppure, come i contadini di tutta Italia fino a pochi decenni fa durante la mietitura e la trebbiatura dei cereali, anche le mondariso cantano in coro mentre mettono a dimora migliaia di piantine. Torno più direttamente al film. De Santis dirige con mano sicura una gran quantità di comparse riprese magistralmente nelle scene corali, e un gruppo di attori affiatati e al meglio della forma. Fermo restando che Silvana Mangano incontra qui il ruolo che la rende celebre in tutto il mondo, sono restato colpito dalle interpretazioni di Vittorio Gassman, meno teatrale del solito ed eccezionale nel finale, nonché della quasi sconosciuta Doris Dowling, attrice americana con una filmografia formata da soli tre titoli! Non sarà bella e prosperosa come la Mangano, ma recita con più naturalezza e, me lo si consenta, ha una presenza scenica più raffinata. Raf Vallone non ha bisogno di conferme e le brevi apparizioni di Carlo Mazzarella costituiscono una nota di leggerezza in una vicenda a dir poco drammatica. Un’opera intelligente, acuta, scolpita per sempre nella storia del grande cinema. Chiedo scusa per la retorica, ma certi monumenti se la tirano addosso...
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