Regia di William Friedkin vedi scheda film
“Be', allora cambiaci zona, per la miseria! Almeno fino a quando non scopriamo se c'è sotto qualcosa oppure no! Tutti vogliono Weinstock, giusto? Be', forse questa è proprio la pista che cerchiamo! Facci provare, almeno!”
“Non ci potreste fregare neanche un novellino con quel tizio di cui vi servite! Finora non ha combinato un accidente! E prima che ve ne accorgiate finireste nei guai tutt'e due per calunnia! Brooklyn è piena di gente così, che ha un negozietto, due macchine e la sera va ai night club!”
“Forse questo bottegaio da quattro soldi e Weinstock rappresentano qualcosa di grosso!”
“Qualcosa di grosso un corno! Al massimo venderà cartine da pochi soldi!”
“Non verrei a farti perdere tempo, Simonson, se si trattasse di robetta!”
“Tu sei rimasto scottato altre volte. O te ne sei già dimenticato, Doyle?”
Brooklyn, New York: Jimmy 'Popeye' Doyle (Gene Hackman) e 'Cloudy' Russo (Roy Scheider) sono due detective della squadra narcotici del NYPD; poliziotti dai modi alquanto spicci e fortemente dediti all'attività di strada in coppia in cerca di piccoli e grandi spacciatori, i due fiutano il colpaccio adocchiando i movimenti di un banale lavoratore italo-americano, Sal Boca (Tony Lo Bianco), ma trovano l'opposizione di superiori e colleghi, che non mancano di ricordar loro insuccessi e metodi procedurali discutibili.
Comunque risoluti ad andare fino in fondo, anche a costo di farsi cambiare zona, Doyle e Russo seguono la loro traccia, scoprendo un collegamento fra Boca, un boss locale e un clan di malviventi marsigliesi, che riforniscono di eroina purissima la Grande Mela. Alain Charnier (Fernando Rey), pedina chiave della trattativa, viene seguito passo passo, ma la sua astuzia, unita alla mira del cecchino Pierre Nicoli (Marcel Bozzuffi), rende la vita dura anche al ferino Doyle.
“4'795 libbre.”
“Sicuro?”
“Sì, proprio così, 4'795 libbre quand'è entrata in officina.”
“I dati di fabbrica dicono 4'675. Ci sono 120 libbre in più. Quando è stata imbarcata a Marsiglia era 4'795, anche allora era 120 libbre in più. Jimmy deve aver ragione!”
“Senti, io ho sfasciato tutto quanto tranne… i pianali delle porte.”
“E sfascia anche quelli! Cosa diavolo aspetti?”
Primo grande successo di carriera dell'allora emergente 36enne William Friedkin, “The French Connection” (distribuito con un titolo italiano comunque discreto) è un poliziesco duro e puro e dunque un film apparentemente ben distinto dal dramma a sfondo omosessuale del precedente “Festa per il compleanno del caro amico Harold” e dal successivo (nonché celeberrimo) “L'esorcista”. Ma, a ben vedere, Friedkin era ossessionato dal realismo e ogni suo film è caratterizzato da questo smodato proposito: ecco dunque lentissimi e calibrati pedinamenti e un folle inseguimento girato senza tutte le necessarie autorizzazioni per bloccare il traffico per le riprese. Fortuna che per il suddetto inseguimento lungo Brooklyn, svolto parallelamente alla corsa di un treno di metro di superficie, Friedkin poteva contare su Bill Hickman, qui attore nei panni del detective Mulderig ma anche noto stuntman al posto di Gene Hackman alla guida di una mitica Pontiac LeMans.
Nato da una sceneggiatura del giornalista di Cleveland Ernest Tidyman, “Il braccio violento della legge” stampa sullo sfondo di una New York grigia e mesta l'affaire intrapreso da molti clan francesi a cominciare dagli anni '40: lo spaccio internazionale di eroina. La sceneggiatura prende a sua volta spunto dal libro omonimo di Robin Moore, che narra le mai riconosciute e beffarde gesta di Eddie Egan e Sonny Grosso del NYPD che ebbero luogo nel '61; i personaggi di Hackman e Scheider sono delle trasposizioni dei due poliziotti, presenti sul set come consulenti e persino come attori (Egan interpreta Simonson, il superiore dei protagonisti).
La vicenda – va detto - si segue col giusto interesse, giacché l'attenzione si concentra sui duri scontri fra sbirri e delinquenti, i cui ruoli potrebbero essere tranquillamente intercambiabili: Friedkin annulla la distinzione fra buoni e cattivi, tutti protesi al raggiungimento cieco di un obiettivo; nessun ulteriore approfondimento psicologico, nessuna dimensione privata: nel poliziesco contano solo catturare e non essere catturati.
Splendida la nota interpretazione di Gene Hackman, che trova una valida spalla in Roy Scheider e uno scaltro antagonista in Fernando Rey, peraltro scritturato per sbaglio; Friedkin aveva visto “Bella di giorno” di Buñuel e voleva un attore visto in quel film: era Francisco Rabal, che il regista di Chicago riuscirà perlomeno a scritturare per “Sorcerer”. Ecco, magari è a dir poco delittuoso che nell'edizione italiana si siano tradotti Popeye e Cloudy rispettivamente con Papà e Tristezza. Delittuoso.
Premiato e strapremiato agli Oscar 1972, dove al confronto avrebbe senz'altro meritato qualcosina un certo “Arancia meccanica”, “Il braccio violento della legge” ebbe un grandissimo successo, senza contare che si trattava di una produzione piuttosto low budget (inferiore ai 2 milioni di dollari). È senz'altro un film ottimamente impostato, il cui ritmo cresce molto nella seconda parte, dove Friedkin può dare sfoggio di una tecnica schizzata e camaleontica, molto ben abbinata al montaggio di Jerry Greenberg. Forse sconto conoscenze piuttosto vaghe del genere poliziesco e mi sfuggono dei motivi per cui “Il braccio violento della legge” ha fatto scuola e cambiato il modo di pensare il genere. A prescindere da questo, rimane un buonissimo film a distanza di 45 anni.
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