Regia di William Friedkin vedi scheda film
"The french connection" è un ottimo esempio di cinema "di genere". Il regista William Friedkin gioca le sue carte migliori nelle scene da action thriller come quella, divenuta giustamente leggendaria, dell'inseguimento da parte del poliziotto in macchina di un vagone della metropolitana dove si nasconde un pericoloso assassino. Anche negli appostamenti e nei pedinamenti dei trafficanti di droga da parte degli sbirri c'è una suspense genuina e una regia nervosa e originale; per il resto però non mi sembra il film rivoluzionario che alcuni hanno voluto vederci, perché riecheggia motivi piuttosto consueti come il grigiore della vita in una metropoli, la durezza della missione dei tutori della legge, anche quando adottano metodi brutali come quelli di Popeye Doyle. Friedkin è bravo, insomma, ma non lo metterei sullo stesso piano di un Melville. L'interpretazione è un altro dei meriti incontestabili del film, con un Gene Hackman coriaceo, burbero e molto convincente nella parte di Doyle, ma anche buone caratterizzazioni nei ruoli di contorno da parte di Roy Scheider e di Fernando Rey che fa il "villain" con mestiere sopraffino; tuttavia, secondo me il film lo si ricorda più per i pezzi di bravura "action" che non per il contributo degli interpreti. Infine un'ultima annotazione sugli Oscar vinti:il film può risultare anche superiore alla media dei prodotti premiati dall'Academy, ma il confronto con "Arancia meccanica" che era candidato quell'anno nelle stesse categorie e' chiaramente perdente, e Friedkin fu molto onesto nell'ammetterlo. È un film di robusto mestiere e di ammirevole perizia spettacolare, ma non c'è il genio di Kubrick, non c'è la sua densità tematica e la sua straordinaria maestria formale. Ma come è noto, all'Academy il genio non è quasi mai piaciuto.
Voto 8/10
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