Regia di William Friedkin vedi scheda film
Jimmy Popeye Doyle (Gene Hackman) e Buddy Cloudy Russo (Roy Scheider) sono due detective della Squadra Narcotici di New York: indagando su una coppia di spacciatori di Brooklyn, l'italoamericano Sal Boca (Tony Lo Bianco) e la sua giovane moglie Angie (Arlene Farber) e seguendo i loro movimenti, sono riusciti ad arrivare a uno dei più temibili boss della città, Joel Weinstock (Harold Gary). Hanno anche scoperto che la droga su piazza sta scarseggiando ("È come un deserto pieno di drogati rimasti secco e tutti aspettano la manna"), ma la soffiata di un informatore li avvisa che è in arrivo un grosso carico dall'estero: la spedizione, 60 chili di eroina pura al 90%, proviene dalla Francia, organizzata dal boss marsigliese Alain Charnier (Fernando Rey), che ha accompagnato direttamente il suo corriere, Henri Devereaux (Frédéric De Pasquale), un insospettabile attore televisivo, per seguire di persona le trattative. Si tratta, infatti, di un affare da 500000 dollari e i boss newyorkesi vogliono andarci coi piedi di piombo, anche perchè si sono accorti di essere sorvegliati da polizia e agenti federali. Charnier, però, ha fretta di concludere la vendita e ripartire per la Francia e perciò decide di togliere di mezzo Jimmy Doyle, l'avversario più pericoloso. Pierre Nicoli (Marcel Bozzuffi), il killer di Charnier, fallisce, però, l'incarico e Doyle scatena una caccia spietata e implacabile alla banda di narcotrafficanti. I titoli di coda sveleranno l'esito dell'inchiesta: "Joel Weinstock venne prosciolto dal Grand Jury per insufficienza di prove. Angie Boca condannata per reati minori: pena sospesa. Lou Boca, associazione a delinquere e possesso di droga: pena ridotta. Henri Devereaux, associazione a delinquere: quattro anni di detenzione in un penitenziario federale. Alain Charnier non fu mai catturato: si ritiene che viva in Francia. I detective della Narcotici Doyle e Russo vennero trasferiti a un'altra sezione".
Premiato con l'Oscar come miglior film (più altri quattro: a Friedkin, a Gene Hackman e a sceneggiatura e montaggio), Il braccio violento della legge si colloca, nella filmografia del suo autore, come opera spartiacque: dopo due titoli sorprendenti come Quella notte inventarono lo spogliarello e Festa per il compleanno del caro amico Harold, Friedkin si cimenta per la prima volta in carriera con un genere classico come quello poliziesco per proporne una personale, travolgente e seminale rilettura: il risultato è un thriller teso e incalzante, magistralmente orchestrato su un'intricata rete di pedinamenti, inseguimenti, intercettazioni, che la vitalissima macchina da presa di Friedkin, con sguardo (e piedi) da detective, segue indifferentemente a distanza, fissa, mentre attende pazientemente di catturare il movimento, o accompagnandoli freneticamente lungo i marciapiedi e le strade, i negozi, le scalinate e le stazioni della città, tra suggestivi piani sequenza, soggettive indiavolate, riprese a spalla e il ritmo vorticoso infuso dai tagli del montaggio (curato da Gerald B. Greenberg). Tratto dal resoconto dello scrittore Robin Moore su un vero episodio di cronaca (The French Connection: A True Account of Cops, Narcotics and International Conspiracy - 1969), lo script di Ernest Tidyman, che aveva appena esordito come sceneggiatore in Shaft il detective partecipando all'adattamento del suo omonimo romanzo, polverizza ogni confine tra legalità e crimine, immergendo i suoi antieroi in un'inquietante indeterminatezza esistenziale, dove etica e deontologia professionale si scontrano e si confondono in una realtà putrefatta dalla corruzione. Friedkin se ne appropria lucidamente (e avidamente) evidenziandone ogni sfumatura di ambiguità, riuscendo a cogliere i germi di un malessere sociale attraverso l'illustrazione di una routine investigativa formalmente plasmata (e, in definitiva, rivoluzionata) nella costante ricerca dell'autenticità. Memorabili la smagliante veste spettacolare delle sequenze d'azione, dalla retata di Doyle e Russo nel bar degli spacciatori allo straordinario e celeberrimo inseguimento in macchina sotto la sopraelevata della metropolitana, gli scorci della città alle prime luci dell'alba, sotto il cielo grigio dell'inverno newyorkese, che la magnifica fotografia di Owen Roizman cattura in tutto il suo suggestivo e desolato squallore urbano, il crescendo di tensione del finale nella fabbrica abbandonata. Nel cast, un Gene Hackman stratosferico, pronto per il suo Harry Caul di La conversazione e un Roy Scheider strepitoso (per lui soltanto una nomination agli Oscar, premio poi andato al Ben Johnson di L'ultimo spettacolo), oltre all'apporto sempre impeccabile di Fernando Rey e di superbi caratteristi del calibro di Tony Lo Bianco e Marcel Bozzuffi e la partecipazione (oltre che la consulenza tecnica) dei due ex agenti artefici della vera operazione di polizia che ispirò il film, ovvero Eddie Egan (che interpreta Simonson, il capo di Doyle e Russo) e Sonny Grosso. Nella splendida colonna sonora di Don Ellis, infine, anche l'esibizione live delle Three Degrees, che cantano Everybody Gets to Go to the Moon.
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