Regia di Roberto Mauri vedi scheda film
Durango, poco incline al rispetto della legge, lascia la stelletta da sceriffo per poter maneggiare la pistola in maniera più disinvolta. L'omicidio della sua fidanzata sarà l'episodio capace di scatenare tutta la sua furia vendicativa.
Tab Hunter, nome di rilevanza internazionale, è presumibilmente l'unica ragione capace di attirare in sala il pubblico per uno spaghetti western così privo di appeal e confezionato in maniera modesta. Il regista Roberto Mauri lo sa, e fa di necessità virtù; abituato d'altronde a realizzare piccole pellicole popolari dei generi più disparati, Mauri riesce a mettere in piedi un lavoro sufficientemente strutturato per risultare comprensibile, ma anche largamente prevedibile e soprattutto, nella sua pretesa di violenza ed eccessi (esplicitata fin dal titolo), un po' deludente. La vendetta è il mio perdono finisce così per disperdersi nell'oceano sconfinato dei western nostrani dei quei prolifici anni; tra gli altri elementi degni di nota nel cast si possono poi segnalare Erika Blanc, Piero Lulli, Daniele Vargas e Mimmo Palmara. La sceneggiatura è opera di Tito Carpi, Luciana Ribet, Francesco Degli Espinosa e Roberto Natale, partendo da un soggetto del regista; nel suo più che attendibile Dizionario del western all'italiana, Marco Giusti racconta del difficile rapporto sul set tra Hunter, star fin troppo professionale e aderente a un copione che veniva però costantemente rivoluzionato, e Mauri che non parlava in alcun modo in inglese e faticava a interfacciarsi con il 'divo'. 3/10.
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