Regia di Franco Amurri vedi scheda film
Agostino Brachetti, laureato cum laude, è in cerca di un lavoro. Finirà col fare il pony express, con tutti i pregi e i difetti di fare un lavoro continuamente a contatto con la gente.
Il film rende palese un principio: è inspiegabile come Jerry Calà abbia fatto l’attore, per di più con una fama che arriva quasi immutata fino ad oggi, pur essendo fisiognomicamente e forse anche antropologicamente inadatto.
La pellicola ebbe un successo straordinario all’epoca, forse per la sua matrice nazional-popolare (nel senso più dispregiativo del termine), trainato dalla figura dello stesso Calà, ormai icona insostituibile dei film in stile Vanzina (“Il ragazzo del pony express” tra l’altro arriva tra i due capitoli di “Yuppies”).
In fondo, soprattutto rivisto a distanza di anni, si tratta di un’imbarazzante accozzaglia di luoghi comuni e situazioni già viste in cui si salvano a stento la divertente caratterizzazione del ragioniere (Alessandro Benvenuti), inquadrato e precisino anche nelle evenienze più impensabili, e la straordinaria avvenenza della Ferrari, una vera icona del cinema dell’epoca (seppur con lo stesso numero di espressioni di Calà, e anch’essa affetta da vanzinite cronica).
Il tema musicale, ad opera dell’altro “Gatto di vicolo miracoli” Smaila, è orecchiabile, ma talmente martellante (presente forse nel 50% delle scene) che finisce per irritare. Caso cinematograficamente inspiegabile che tuttavia è valso al regista Franco Cimurri (assieme al successivo “Da grande” con Pozzetto) il biglietto aereo per gli USA, dove ha avuto l’onore di ingravidare nientemeno che Susan Sarandon!
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