Regia di Giorgio Ansoldi vedi scheda film
Napoli, Seicento; il viceré tiranneggia la popolazione, che viene guidata alla rivolta da Masaniello. Nel frattempo la sorella di quest’ultimo si innamora del figlio del viceré; torturata in quanto sorella del rivoltoso, la ragazza diventa muta.
Seconda trasposizione sullo schermo delle vicende di Masaniello nella Napoli della prima metà del Seicento, dopo quella effettuata da Telemaco Ruggeri prima dell’avvento del sonoro (1924), questa La muta di Portici è un’onesta pellicola di avventura e passioni forti, con la minima dose necessaria di azione e sentimentalismo, ma certo non particolarmente aderente al racconto storico. Nessun problema in ciò, naturalmente, date le ambizioni alimentari del lavoro, che a conti fatti certo non sfigura. Dietro la macchina da presa c'è Giorgio Ansoldi, mestierante di Cinecittà capace di passare dal ruolo di scenografo a quello di produttore, e qui alla sua prima e ultima regia ‘in solitaria’, dopo due co-regie di operine altrettanto popolari e a basso costo. La muta di Portici oggi può essere visto più come un nostalgico reperto di un cinema italiano ormai purtroppo morto e sepolto, che come un’opera degna di particolare interesse, ma indubbiamente all’epoca fece la sua figura in sala, andando incontro ai gusti e alle richieste del pubblico; fra gli interpreti: Paolo Carlini, Doris Duranti, Flora Mariel, Ottavio Senoret, Raf Pindi e Umberto Sacripante. Sceneggiatura a più mani, quelle di Cesare Ardolino, Alessandro De Stefani, Giacinto Solito e del regista, partendo dall’opera lirica di Daniel Auber o, meglio, dal relativo libretto firmato da Eugene Scribe. 3,5/10.
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