Regia di Ridley Scott vedi scheda film
A distanza di più di quarant’anni suonati, resta la forte atmosfera “noir” e la “pedante orma” decadente post moderna, che aleggia pesante come l’aria da cui è avulso, su questo poliziesco futuristico. L’archetipo di un cinema che ha fatto scuola – e pure epoca. voto 8 ma all'uscita fu da 10 ®©™
Una struttura piramidale in cui l'ex detective Rick Dekard inizia la sua caccia, dalla base a salire, fino allo scontro finale. Che entrò di diritto nella storia del cinema: monologo immortale che chiude il film... giustificando “il cattivo” e per il quale si finisce quasi per tifare: Roy si immola quasi “deus ex machina”, salvifico, e pure impartendo una lezione sulla pietà, salvando, anzi, regalando un’altra vita, all’ostinato detective.
“Io ne ho viste cose... che voi umani non potreste immaginarvi...
navi da combattimento in fiamme a largo dei bastioni Orione...
e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di thannaoiser...
e tutti quei momenti... andranno perduti nel tempo... come... lacrime nella pioggia. È tempo...di morire...”
Che dire... da antologia.
Con un chiodo che gli buca la mano, ed una colomba bianca nell'altra, viene dallo spazio profondo: il rimando ad un salvifico "Cristo" arrabbiato con l'umanità intera è inevitabile
qui sotto la sequenza del monlogo: dice fu modificato ed imprevvisato da Hauer stesso, considerando l'originale troppo lungo per qualcuno che sta per morire, anzi, per spegnersi, da un momento all'altro:
https://www.youtube.com/watch?v=AoRldn-4-2E
Altro ruolo mitico che riconsegna – di nuovo – “Harrison Han Indy Ford”, alla storia; qui accompagnato da un pur indimenticabile Rutger Hauer – un replicante perfetto, che proprio su quel monologo ha costruito una discreta carriera.
È mancato pochi anni fa. (ma al sottoscritto è mancato più nei panni del capitano “Mannaro” Etienne Navarre, dell’indimenticabile “Lady Hawke” che al prossimo passaggio tv mi covrò decidere a recensire).
Una carriera certamente più proficua la sua, rispetto a quella dell’altra replicante: l'algida, languida Rachel, nelle fattezze della bellissima esordiente Sean Young, il premio su cui il “decadente” detective investe tutta l’energia vitale rimastagli ed il sentimento di cui è capace, dopo la vita dissoluta del cacciatore che lo ha vuotato dentro, e che proprio grazie a lei, ha ritrovato.
Un amore “sintetico” ma che a lui basta. E avanza.
Bello anche il suo monologo, quello davvero risolutivo, in cui spiega il futuro quasi premonitore, che attende i due amanti: Rachel si scopre essere una replicante “non terminale” a differenza degli altri; potrà “vivere” presumibilmente molto più del suo innamorato umano; mentre scorrono le immagini di una natura incontaminata, sottostante un cielo terso, in netta contrapposizione con la Los Angeles oscura e fumosa, sovraffollata e piovosa... che fa da sfondo a tutta la vicenda: fa pensare ad una sorta di riscatto, ad una rinascita, non solo sentimentale, emotiva, ma pure sociale.
E invece si tratta di una sorta di satellite a cui hanno accesso solo burocrati e benestanti raccomandati.
Tutti gli altri restano nella "fogna" suddetta che è divenuta la “Terra”.
Nel ruolo d’una tenera, indomita e quasi letale Pris, un’altra delle sei creature artificiali in fuga, fece qui il suo esordio la bella Daryl Hannah, che all’oggi pare aver chiuso la sua carriera nel cinepanettone dei Vanzina. C’è forse quel ruolo da trans-gender giocatrice di basket?
Mah?! Non so cosa sia peggio... ;)
Altro ruolo decisivo, almeno ai fini investigativi, è quello della sensualissima spogliarellista Zhora, il cui nome è già tutto un programma (credo da qui il fumetto erotico omonimo tutto nostrano), altro replicante ma con mansioni “sessuali”, nonché “l’oggetto”, la materializzazione – o l’incarnazione, il fine, dei desideri passionali e sentimentali dell’altro androide Leon – interpretata superbamente da un’ammaliante, seducente Joanna Cassidy, la cui carriera da qui decollata – credo un esordio anche questo – ha poi avuto un secondo apice nell’indimenticabile “Chi ha incastrato Roger Rabbit”; volendo i due ruoli si somigliano anche – fatalona romantica e generosa, come qui d’altro canto.
Altro volto che diverrà poi noto ai più, è quello di Edward James Olmos, il celebre tenente Castillo nella mitica serie tv “Miami Vice”, qui nei panni di Guff, il collega intransigente di Deckard, che nel finale si rivelerà persino enigmatico.
E a sto punto, nel ruolo di Leon kowalsky (di cui sopra), debbo segnalare anche il noto caratterista Brion James, ancor oggi frequente e prolifico interprete in molte produzioni: è lui il replicante che apre il film nella magistrale sequenza iniziale dell’’interrogatorio: veramente un pezzo di alta scuola, di gran cinema per come è costruita.
Da antologia pure questa.
Ah! La regia – e anche qualcosa di più! – è del maggiore dei fratelli Scott, Ridley, che pure lui, alla pari dei suoi interpreti, si riconsegna alla storia, dopo il successo planetario del celeberrimo “Allien” di pochissimi anni prima.
Considerazione sull’opera: lo slogan della Tyrell, l’azienda che nel film ha creato gli androidi, recita – "più umano dell'umano"... da da pensare. A quanto siano falsi i volti di politici, uomini di spettacolo, cultura e controcultura: plastificati ed artefatti volti di cui abbiamo appena perso forse l’esempio lampante e più eclatante di tutti nei secoli dei secoli. Amen!
E poi, quale accezione dare oggi ai termini “umano”, “Umanità”? Un paio di giorni fa un peschereccio con a bordo centinaia di profughi, migranti e bambini si è inabissato. Il mio massimo “Umano” è ricordare qui anche la mia sentita ed avvilente indifferenza che un sempre più flebile senso di colpa mi segnala...
Altra considerazione: l’importante pellicola, destinata, insieme ad una terna almeno, di opere innovative contemporanee (una sempre dello stesso precursore Ridley Scott), più che ad influenzare, quanto piuttosto a contribuire nel rivoluzionare la fantascienza (presenziò anche alla mostra di Venezia), uscì nelle sale nel 1982: la vicenda narrata si svolge nella Los Angeles “claustrofobica” e paranoica del 2019.
Bene, questa data è ormai passata da quasi quattro anni, ma in giro ancora non si vedono auto volare, più o meno, salvo qualche metropoli cinese che ne presenta qualche sfumatura di grigio, il cielo è ancora azzurro, tempo permettendo, certo. In giro più o meno... sempre meno che più... si parla ancora italiano – in Italia; come si parla francese più o meno in Francia e così via.
Che io sappia, non sono ancora stati fabbricati androidi dotati di forza meccanica sovrumana da impiegare nei lavori pericolosi e pesanti – per questa mansione impieghiamo ancora extracomunitari e disgraziati vari.
E nemmeno quelli da adoperare per esplicare la più difficile delle necessità: quella sessuale.
Anzi, qui hanno abolito pure la prostituzione: le donne sulla strada restano, ma sono solo uno specchio per allodole mirato ad attirare quei pochi allocchi che ancora ci cascano: a loro denuncia e sputtanamento in pubblico, mentre chi denuncia, si gode in tutta tranquillità i favori di quel commercio con la quale vigila in combutta (e in concussione).
Per i capitani d’industria invece, ci sono le “escort-cabrio”: perché anche scopare dev’esser un lusso appannaggio della sola classe dirigente – e dominante!
Nel crearci attorno il mondo distopico e paranoico del film, certi loschi personaggi ed ombrosi individui, ci “Sono” andaTi vicino nell’anno successivo a quello evocato nell’opera: il 2019 viene ricordata dalla mia generazione e quelle a seguire, come l’ultimo anno “normale” dell’era “pre-Covid” – dopo di quello, nel 2020, siamo entrati nell’era “Covid”.
Come del resto, tentarono di giocare a fare Dio; già sul finire del secolo “scorso” si clonarono esseri viventi. Che abbiano sperimentato pure su l’essere umano?! Chissà?! Anche questo il film anticipava nella sua disturbante più che fervente, immaginazione.
Ma è sempre meglio sto mondo di quello che, nel 1982, scrittori, sceneggiatori e registi visionari, ipotizzavano nelle loro menti.
Del resto, chi non lo faceva? Insomma, concludendo diceva Mike, siamo “ancora” – per poco – qua!
A distanza di più di quarant’anni suonati, resta la forte atmosfera “noir” e la “pedante orma” decadente post moderna, che aleggia pesante come l’aria da cui è avulso, su questo poliziesco futuristico.
L’archetipo di un cinema che ha fatto scuola – e pure epoca.
voto 8 ma all'uscita fu da 10
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