Regia di Preston Sturges vedi scheda film
L'ho rivisto dopo tanti anni e devo dire che mi è piaciuto ancora di più. L'appellativo di capolavoro non è forse fuori luogo. Il ritmo è velocissimo, i dialoghi arguti e frizzanti, gli attori tutti all'altezza, la regia ottima e soprattutto originale. Sa però anche commuovere, come nell'episodio della comunità cristiana di neri che accoglie i condannati ai lavori forzati. Ci vuole comunque molta libertà creativa e schiettezza (che non sono però supponenza autoriale) per accostare in
un unico film momenti comici, sentimentali e drammatici; il tutto senza stonare e creare contrasti, che è prerogativa dei
grandi. Inoltre, ci sono certi momenti (come l'inseguimento iniziale) che sono tipici di Preston Sturges, e che si rifanno
con successo alle comiche dei tempi del muto. Non sono scemenze, ma divertenti intervalli dove si ride a crepapelle. Quanto al resto, il film tocca argomenti molto seri, come povertà e ricchezza, e la missione del cineasta. Quanto al primo tema, i poveri sono mostrati sì con compassione e partecipazione, ma anche senza idealizzazione e buonismo: c'è il mendicante che bacia la mano che ha donato, e quello che aspetta il donatore al buio per rapinarlo e picchiarlo. Quanto alla missione di chi fa cinema, anche qui il discorso è interessante. Il regista parte un po' gasato, perché si sente investito del compito di denunciare le ingiustizie sociali, migliorare il mondo, incitare i poveri e gli oppressi a prendere coscienza di se stessi e a ribellarsi. Capirà quanto tutto ciò sia velleitario e soprattutto che i poveri se ne fregano di questi programmi. Offrire un po' di serenità e divertimento è quanto di meglio il cinema possa fare per loro. Infatti negli anni della grande depressione la gente riempiva i cinema per vedersi non "Sciopero" o "La corazzata Potemkin" di Ejsenstein, ma Ginger Rogers e Fred Astaire, e molte commedie divertenti e sofisticate.
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