Regia di Roger Donaldson vedi scheda film
La storia può diventare mito e il mito può essere plasmato, è ciò che accadde con la saga del HMS (His Majesty's Ship) Bounty vascello da battaglia di sua maestà in cui avvenne nel 1789 il più famoso ammutinamento della marina britannica.
La storia raccontata sui diari di bordo dell'ammiraglio William Bligh da dei punti chiari su ciò che avvenne nell'arco di circa 2 anni di navigazione in giro per i mari del pianeta ma il potenziale cinematografico di questa avventura diventata con il tempo un classico portò alla realizzazione di due pellicole che seppur ammirevoli davano una rappresentazione dei protagonisti e degli avvenimenti non proprio coincidente a ciò che la matrice scritta riportava, in entrambi i film sia Bligh che Christian vengono descritti rispettivamente come un capitano di vascello cinico e spietato con il suo equipaggio il primo e di un ufficiale risoluto e di grande carisma il secondo, in realtà queste caratterizzazioni affidate a personalità robuste come Charles Laughton e Marlon Brando risuonavano caricate dai loro interpreti e dagli avvenimenti: ad esempio il film di Milestone cercava di dare una immagine di ciò che avvenne dopo l'ammutinamento soprattutto a Fletcher Christian di cui non si hanno dati certi e il suo destino è avvolto nella leggenda. Il film di Donaldson è per la prima volta fedele a ciò che avvenne alla nave e all’equipaggio nel suo ultimo storico viaggio tanto è vero che l’apertura si sofferma su immagini cromaticamente luminose del Bounty che solca i mari di terre lontane, mentre la conclusione del film è una immagine malinconica di questa nave leggendaria che in fiamme affonda nella piccola baia dell’isola di Pitcairn sotto gli occhi senza parole di Fletcher Christian e dei suoi seguaci che daranno origine alla comunità che ancora oggi popola uno dei luoghi più remoti della terra.
Il film nasce e muore con il vascello che gli da il titolo per sottolineare una volta di più che vi si narra con estrema fedeltà il suo destino e quello degli uomini che lo hanno vissuto, questo è il motivo principale per cui spesso è giudicato inferiore ai suoi illustri predecessori ma in realtà oltre ad avere il grande pregio di informare la gente di come sono andate le cose si può valutare come degno parente dei suoi antenati e per certi versi superiore perché gode di grandissime finezze tecniche, di una messa in scena convincente e storiograficamente sontuosa e non ultima una colonna sonora firmata Vangelis da considerare un autentico capolavoro dalle sonorità progressive elettroniche che si posano e fluttuano sulle immagini con puntualità e una forza evocativa ammalianti, capace di creare l’atmosfera giusta sull’umore delle sequenze tanto che di tutte le colonne sonore composte dal grande Vangelis la metto senza dubbio alcuno al pari con quella di “Blade Runner” e sotto l’aspetto della completezza formale anche superiore: soltanto il pezzo che chiude l’album e il film dal titolo “The saga of the HMS Bounty” è un collage di una ventina di minuti circa delle migliori frasi e atmosfere racchiuse nelle altre numerose tracce, una suit di stampo classico che crea immagini ascoltandola ad occhi chiusi.
Il film parte proprio con la martellante pulsazione del synt al quale si sovrappone il ruggito del leone della Metro consegnando un brivido emozionale in cui si fondono il vecchio cinema e il nuovo per poi condurci sulle immagini del Bounty in mare aperto con il suo incedere lento e quasi incerto che sfuma sul volto di Anthony Hopkins mentre si reca di fronte alla corte di giustizia: gli ammiragli interpretati con grande classe da Lawrence Olivier ed Edward Fox dovranno stabilire se il suo racconto della vicenda evidenzierà una condotta meritevole di condanna.
La scelta narrativa di raccontare i fatti per bocca di Bligh con un lungo flashback è a mio avviso molto intelligente: è lui ad aver avuto l’intuizione di approvvigionare gli schiavi con l’albero del pane, e fu lui il capitano di vascello che organizzò l’impresa riportandola minuziosamente sui suoi diari, non trovo quindi personaggio migliore che possa narrare i fatti perché se vogliamo conoscere questa avventura l’unico punto di vista plausibile è il suo, in più Anthony Hopkins lo interpreta con una personalità spiccata da grande attore ben servito da un copione che ne da un'immagine inevitabilmente negativa ma non di un aguzzino senza scrupoli come in passato, William Bligh era un ammiraglio fenomenale con un senso dell'orientamento innato e il suo spietato modo di comandare l’equipaggio fu descritto in maniera esageratamente brutale negli altri film, il suo comando inflessibile era spesso dettato dalla ciurma di pendagli da forca che lo circondava; a lui si contrappone la prova di Mel Gibson, ingiustamente considerata incolore nel ruolo del misterioso Fletcher Christian, colui che per amore o forse per lo spirito di avventura o forse ancora per la semplice voglia di non tornare più guiderà l’ammutinamento contro il suo superiore e perché no amico William Bligh che in prima persona lo aveva contattato per affiancarlo nel lungo viaggio.
Al contrario di Bligh si sa molto poco di Fletcher Christian se non che fosse un giovane ufficiale di 23 anni che affrontava il suo viaggio più impegnativo ed aveva un carattere introverso e poco incline al comando, tutto l’opposto dell’istrionismo di Brando, è per questo che la prova di Gibson è per me del tutto appropriata: parla poco e recita più con lo sguardo e in fin dei conti il suo carattere cambia radicalmente nel momento in cui si pone a capo della rivolta più per motivi personali che per disprezzo nei confronti di Bligh al contrario di ciò che si è sempre voluto far credere, anche se è evidente che l'atteggiamento ipocrita di Bligh nei confronti dei thaitiani è un punto di forte contrasto con lo spirito libero e disinteressato di Christian che sembra perdere definitivamente la stima nei confronti del suo superiore proprio quando si rende conto dell'indole razzista che lo domina, una punta di invidia e la supponenza nei confronti di questo popolo pacifico e accogliente molto più educato e a modo degli inglesi, spunto molto interessante e sviluppato con grande tatto che aggiunge un nuovo elemento all'origine della rivolta.
L'instabilità e il disagio di Christian vengono espressi molto efficacemente dalla frase che pare pronunciò veramente mentre conduceva l’ammutinamento: quando Bligh gli augurò di andare all’inferno rispose “Ci sono già!”.
Su questi due attori in grande crescita Donaldson costruì il suo film d’esordio, adattando una sceneggiatura essenziale di Robert Bolt modellata sugli scritti di Bligh, a mio modo di vedere le cose compì un'impresa artistica notevole visto che il film è pregno di sequenze memorabili di grande spessore emozionale e spettacolare: il tentativo di doppiare Capo Horn in pieno inverno è una sequenza caricata in maniera esemplare dalle note di Vangelis che esplodono fragorosamente nella burrasca che avvolge il Bounty e il suo equipaggio, l’arrivo a Tahiti in una girandola di colori e immagini cristalline trasmette allo spettatore la sensazione provata da quegli uomini giunti in un paradiso completamente opposto alla grigia e inguardabile Inghilterra, l’ammutinamento e la spaccatura fra l’equipaggio e gli uomini devoti a Bligh confinati sotto la sua guida in una lancia in mare aperto che saprà condurre dopo giorni drammatici di lenta agonia in un porto civilizzato battente bandiera olandese, compiendo una impresa navale tutt'ora imbattuta per la quale sarà decorato dall'alto comando, la fuga verso l’ignoto degli ammutinati incorniciata da una didascalia finale che sottolinea come il destino di Fletcher Christian è e resterà per sempre un mistero, ancora oggi c’è chi afferma che fu ucciso dai suoi stessi marinai sei anni dopo l’approdo a Pitcairn, chi dice che tornò in Inghilterra e sotto mentite spoglie li visse il resto dei suoi giorni, sta di fatto che i suoi discendenti vivono ora nell’isola da lui prescelta per fuggire dal mondo civilizzato dove le testimonianze tramandate di padre in figlio e i reperti del Bounty tengono viva la leggenda immortale di questi uomini e la nave che li condusse ad esplorare i luoghi più remoti del pianeta scrivendo una delle storie intramontabili e più raccontate di sempre.
Un cast di contorno ricco di grandi nomi tra i quali Liam Neeson e Daniel Day Lewis arricchisce un film a mio avviso perfetto che Donaldson ha messo insieme con grande maestria utilizzando la sua telecamera come una macchina del tempo messa a fuoco oltre duecento anni fa.
La colonna sonora di Vangelis conduce la valutazione alle cinque stelle, una gemma.
Grandissimo esordio, cambierà completamente rotta nel resto della sua carriera dedicandosi a polizieschi ed action un po dozzinali.
Il ruolo più difficile spettò a Gibson perchè Fletcher Christian è a suo modo indecifrabile. Secondo me è il personaggio più affascinante nella saga del Bounty e nonostante non sia la performance migliore del periodo di crescita della superstar australiana gli ha reso un buon servizio evidenziando insicurezza, ingenuità e spirito d'avventura, veri punti cardine dell'enigmatico ufficiale inglese che non volle tornare più.
Prova di grandissimo spessore drammatico ed umano, ha dato vita ad un Bligh più credibile e probabilmente coincidente a come era nella realtà.
Bilancia il suo tono aggressivo e la sua maschera arrogante sbattuta in faccia a Bligh con il sarcasmo di Olivier, perfetto in questi ruoli indigesti per lo spettatore.
Ironico e curioso nel proporsi a Bligh è come sempre sontuoso.
Nel ruolo di Fryer è adombrato da Hopkins e Gibson in maniera evidente ma nello spazio concessogli ha caratterizzato un personaggio negativo e anche un po sadico.
Interpreta il marinaio più famigerato della ciurma Charles Churchill: ne da un'immagine violenta ed abbastanza folle, un ruolo adatto a lui ben caratterizzato.
John Adams è un personaggio che meritava di essere sviluppato con più attenzione e maggior spazio perchè fu l'ammutinato più longevo che raccontò il destino dei suoi compagni all'equipaggio della baleniera che approdò a Pitcairn e scoprì il destino del Bounty. Piccolo neo della sceneggiatura.
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