Regia di Richard Fleischer vedi scheda film
Pessimo melodramma come tanti di quell'epoca, in cui non c'era bisogno di rendere credibili i sentimenti, o piuttosto le passioni: queste erano un presupposto indiscutibile, su cui nessuno dubitava. Non c'era bisogno di spiegare la nascita di un "amore folle", perché questo è "folle" e non richiede spiegazioni. Anche il moralismo di una madre non è tenuto a rispondere a questioni di buon senso e tanto meno di logica: la mamma è lieta che la figlia faccia la ballerina di varietà, purché, guarda un po', non accetti regali da uomini. Anche se di fronte alla signorilità di un certo uomo, per quanto sposato, si arrende senza lottare... Non credo che facciano di peggio le telenovelas di oggi; ma credo che queste credano meno a ciò che raccontano: in questo film non si vede il minimo cenno di ironia o di critica; è più melenso e più ipocrita dei suoi personaggi. L'amante ama la moglie e i figli e non intende lasciarli per una ballerina, che continua a trattare con ipocrisia pedofila come una bambina, da proteggere, poi da mandare in collegio, poi da difendere da un matrimonio che ovviamente non gli va a genio. Il marito è pazzo, e alla fine la madre ce lo spiega con un dramma prenatale che lo avrebbe stravolto, povera creatura. Il fatto che la stessa vicenda sia avvenuta nella realtà non la rende meno falsa, anzi, conferma e rafforza il fallimento del film, che riesce a rendere inverosimile anche un fatto reale. Senza alcuna ironia. Che le "due storie d'amore [siano] votate al fallimento dalla moralità dell'epoca" è una castroneria di Mereghetti: ovviamente erano incompatibili e almeno una delle due non poteva che fallire; inoltre nessuna era d'amore, ma solo di passione; ma l'amante dichiara esplicitamente che non ha nessuna intenzione di lasciare la moglie, e l'altro lo uccide per gelosia e non per colpa della società. Nulla indica che "il film denuncia l'ipocrisia della società americana d'inizio secolo"; al contrario, il film condivide e alimenta l'ipocrisia dell'epoca del maccartismo, in cui era più prudente raccontare passioni improbabili o inverosimili e non approfondite che toccare temi veri e vicini. Per avere un confronto illuminante, vedere Catene, di Matarazzo, che cinque anni prima ha raccontato un simile dramma di una moglie che si accusa di adulteri non commessi per favorire il marito omicida per gelosia; ma con che differenza di gusto e di verità artistica e psicologica.
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