Regia di Vittorio De Sica vedi scheda film
Un film decisamente brutto. Gioca sul surreale, ma non dice niente di significativo; e neppure fa ridere. Manda la mente a Fellini, nel grottesco, ma è vuoto. È profondamente napoletano, ma senza lasciare il segno.
L’unica frase degna di nota della pessima sceneggiatura di Zavattini è quella del borseggiatore: «Non siamo quello che vogliamo, ma quello che possiamo essere». La vita costringe a certe scelte, che tali non sono. Di napoletano, in un certo senso, e di interessante c’è comunque la visione della vita: quando al giudizio definitivo sembra proprio che non si possa scappare, tutti gettano la maschera, e ammettono di aver ingannato fino a quel momento (splendida la denuncia, della Mangano, della ricchezza figlia della corruzione), e sperano tardivamente nell’assoluzione. Ma, finito lo spavento, tutto torna come prima, e si può tornare allegri, irresponsabili e un po’ falsi come sempre, senza troppi pensieri. Grande è l’interpretazione di Sordi, mefistofelico come non mai.
Detto tutto quanto di buono si può dire, poco, il male è molto di più. Spicca l’incapacità di sfruttare un cast stellare, forse unico nella storia del cinema italiano. Il soggetto è completamente dispersivo: tante star, tanti episodi, ma per tenerli assieme ci voleva un’idea forte, impegnativa. Che qui è la grande assente. A dimostrazione che anche i più grandi sono incorsi in fallimenti di non poco conto; a maggior ragione se in un’opera ambiziosa come questa.
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