Regia di Vittorio De Sica vedi scheda film
Completata “La ciociara”, Dino De Laurentiis affida a De Sica la realizzazione di questo progetto zavattiniano, includendovi tutte le star italo-franco-americane che la sua casa di produzione aveva all’epoca sotto contratto. Così, si vedono nello stesso film Gassman, Sordi, Stoppa, la Mangano, Fernandel, Anouk Aimée, Melina Mercouri, Rascel, Borgnine, Jack Palance, Jimmy Durante, Nino Manfredi, addirittura Franco e Ciccio e Lamberto Maggiorani, ormai transfuga di “Ladri di biciclette”. L’insieme fa venire in mente qualche operazione, più tarda, di Altman e dei suoi epigoni, ma con un surplus di macchiettistico che non convince fino in fondo. L’impressione è che si sia voluto riempire fin troppo lo schermo, con la scusa di questo giudizio universale che, alla fine, perdino Dio si rifiuta di pronunciare - un po’ come il bonario tribunale che manda assolto l’imputato cui aveva prima comminato un anno e tre mesi di condanna -, limitandosi a mandare un acquazzone che non avrà neanche la consueta funzione purificatrice, perché ognuno, dopo un pentimento di circostanza, tornerà a fare esattamente quello che faceva prima. L’impressione, dicevo, è quella dell’inzeppamento, come nelle vignette iperaffollate di Jacovitti che, dove rimaneva uno spaziettino vuoto, infilava un bel salame perché, come diceva lui “riempe”. Nonostante questo, qua e là, qualche macchietta è riuscita, qualche graffietto va a segno, qualche battuta è azzeccata (come il vecchietto che, saputo che il giudizio universale sarà dato in ordine alfabetico, grida tutto felice “io mi chiamo Zuzzurro!”).
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